

evidenza negli ultimi anni della reggenza di Iolanda, dopo la fine cioè del
quasi forzato soggiorno vercellese, in quelli di Filiberto e nei primi anni
di Carlo I. E infine non si potrà non tener conto della scarsa simpatia ma-
nifestata dai principi per il soggiorno in una città forse troppo popolosa
ormai perché potessero sentirvisi completamente sicuri, percorsa da im-
provvise ventate di violenza coincidenti, per lo più, proprio con i sog-
giorni ducali, infine priva delle attrattive naturali che rendevano più gra-
devole il soggiorno nei castelli di Rivoli e di Moncrivello e anche in quel-
lo di Moncalieri. Un dato quest’ultimo che sembra prefigurare la tendenza
dei sovrani cinque-seicenteschi a risiedere di preferenza in sfarzose resi-
denze suburbane piuttosto che nella loro capitale: tendenza che la dina-
stia sabauda avrebbe incarnato al pari di molte altre e che di per sé non
era minimamente in contrasto con l’affermarsi di una singola città come
centro politico, amministrativo e culturale dello stato.
Va del resto sottolineato che se questi argomenti possono spiegare la
mancata affermazione di Torino come residenza ducale al tempo di Io-
landa e di Filiberto, sotto i loro successori Torino divenne sempre più
stabilmente anche una sede favorita della corte, sebbene non l’unica:
così Carlo I, dopo aver trascorso i suoi primi anni di governo alternan-
do soggiorni in tutte le principali località del paese, tenderà negli anni
della guerra di Saluzzo a gravitare fra una campagna e l’altra quasi esclu-
sivamente su Torino; così Bianca risiederà ininterrottamente a Torino
nei primi tre anni della sua reggenza e anche in seguito si dividerà fra
Torino e Moncalieri, mentre quasi esclusivamente a Torino risiederà Fi-
lippo durante il suo breve regno. Alla morte del Senza Terra, la città
non era quindi più soltanto la sede deputata del Consiglio cismontano
e dello Studio, il tradizionale luogo di convocazione delle assemblee dei
Tre Stati e il centro il cui possesso garantiva il controllo dell’intero Pie-
monte, ma era anche una sede principesca finalmente abituata, anche se
solo da pochi anni, ad accogliere per lunghi periodi fra le sue mura il du-
ca e la corte.
Per nulla in contraddizione con questa tendenza di fondo, contra-
riamente a quanto potrebbe apparire a un primo sguardo, è il fatto che
per ben due volte negli anni di cui stiamo parlando, sotto Amedeo IX
nel 1466 e nuovamente sotto Carlo I nel 1483, il duca abbia ordinato la
sospensione del Consiglio cismontano, dell’organo cioè che più di ogni
altro, risiedendo da diversi decenni ufficialmente a Torino, aveva con-
tribuito a fare della città il centro politico del paese subalpino. Per com-
prendere la vera portata di tali iniziative, evitando di attribuir loro a
priori l’intento di frenare la crescita politica della città, occorre consi-
derarle nel contesto del sistema di governo praticato dalla dinastia sa-
Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo
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