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alle rivendicazioni della comunità, è evidente che esso dipendeva inve-

ce unicamente dal fatto che il duca e il Consiglio «cum domino» si di-

sponevano a ripassare le Alpi

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.

Non diversa nelle intenzioni appare la sospensione del Consiglio ci-

smontano decretata da Carlo I il 4 novembre 1483, pochi mesi dopo la

sua discesa in Italia: un atto che se davvero celasse un’intenzione poli-

tica volta a deprimere le sorti del Piemonte apparirebbe in stridente con-

trasto con la venuta stessa del duca nei suoi domini cismontani e con la

lunga durata del soggiorno che seguì, in pieno accordo con i voti più vol-

te espressi dai suoi sudditi piemontesi. Non a caso anche Carlo nelle sue

patenti presentava la sospensione come un provvedimento non certo

straordinario, ma al contrario di ordinaria amministrazione, e in ogni

caso valido soltanto «quam diu citra montes nostram fecerimus resi-

dentiam». Straordinario è semmai ciò che seguì, poiché subito dopo la

pubblicazione del provvedimento una delegazione torinese si presentò

al duca e gli sottopose le franchigie e i privilegi concessi in passato alla

città dai suoi predecessori, fra cui senza dubbio le patenti di Ludovico

del 1436 e del 1459 relative alla residenza a Torino dello Studio e del

Consiglio, dichiarando, riferiva il duca non senza sconcerto, «dictam

suspensionem et alia praemissa per nos fieri non potuisse nec posse, dic-

tis franchisiis et conventionibus obstantibus, quibus contravenire non

possimus». Con un’interpretazione per lo meno estensiva delle conces-

sioni precedentemente ricevute, che non facevano in realtà parola di so-

spensioni temporanee e infatti non avevano mai impedito ai predeces-

sori di Carlo di metterle in atto, i rappresentanti della città pretende-

vano non solo che il duca abolisse le disposizioni appena prese, ma che

le dichiarasse ufficialmente contrarie alla legge «et inadvertenter con-

cessas», e ancora che ammettesse altrettanto ufficialmente «nobis non

licuisse nec licere dictum Consilium neque Studium ab ipsa civitate re-

movere, suspendere, vel separare aut transmutare, ac nec etiam Consi-

lio nobiscum residenti unire ita quod sit unum tribunal, etiam nobis et

curia nostra citra montes vel etiam in dicta civitate residentibus».

Non era la prima volta che i Torinesi si rivolgevano al duca in ter-

mini così perentori: già nel 1468 le pressioni esercitate su Amedeo IX

Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo

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Patenti 2 dicembre 1466:

ibid

., IV, p. 251 in nota. Patenti 22 agosto 1468:

c.

e

f. a. du-

boin

,

Raccolta per ordine di materie delle leggi, editti, manifesti ecc. pubblicati dai Sovrani della Real

Casa di Savoia fino all’8 dicembre 1798

, XIV, Torino 1818-68, pp. 130 sgg. Per il pagamento di

2000 fiorini da parte di Torino cfr. ASCT,

Ordinati

, 79, f. 54

v

, e Carte Sciolte, n. 3624 (19 ago-

sto 1468), nonché

m. chiaudano

,

La finanza del comune di Torino nel secolo

xv

, in «BSBS»,

xliii

(1941), p. 22. Sulla vicenda

marini

,

Savoiardi e piemontesi nel ducato sabaudo

cit., pp. 158 sgg., e

soffietti

,

Verbali del «Consilium cum domino residens»

cit., p.

xxvi

.