

dis poinct de ceulx de Thurin, car ilz n’actendirent pas que mon dict
seigneur fust a cheval, qu’ilz allarent au devant des Françoys pour les
amener dedans leur ville»
39
.
Il disamore dei Torinesi verso la dinastia si svelava così inaspettata-
mente proprio nel momento in cui la città era ormai divenuta il centro
più importante dello stato; paradossalmente, ma non troppo, poiché quel
primato non era dovuto se non in minima parte al favore ducale, e To-
rino sapeva bene che anche in un Piemonte divenuto provincia france-
se essa non avrebbe potuto non conservare e fors’anche accrescere la
propria centralità, come infatti puntualmente accadde. In quelle condi-
zioni, la caduta della città in mano nemica, senza neppure un tentativo
di resistenza, non può davvero sorprendere; e se si pensa che la guarni-
gione francese allora entrata a Torino vi sarebbe rimasta indisturbata
per oltre un quarto di secolo, suonano involontariamente ironiche le di-
sposizioni emanate dal duca appena qualche mese dopo la caduta della
città, quando, nella convinzione di poter mettere in breve tempo alle
strette l’invasore, Carlo avvertiva i suoi fedeli sudditi «di ben provede-
re che li Francesi quali sono in Turino più non ussiscano»
40
. Soltanto
ventisette anni dopo, e a prezzo di infinite spese e fatiche, suo figlio
Emanuele Filiberto sarebbe riuscito a farli uscire.
Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo
419
39
p. lambert
,
Mémoires sur la vie de Charles duc de Savoye neuvième de l’an
mdv
jusque l’an
mdxxxix
, in
HPM
,
Scriptores
, I, c. 874.
40
tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., VII, p. 162.