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fra commercianti e la terza è intitolata alla

Societas cerdonum seu cali-

gariorum

9

.

Appare dunque difficile dubitare del fatto che dietro ad ogni di-

chiarazione catastale si celi normalmente una famiglia reale, per quan-

to tutta da decifrare nelle sue strutture e dimensioni; ciò tuttavia non

autorizza a considerare risolto il problema della rappresentatività del

numero dei contribuenti identificati rispetto al complesso della popo-

lazione cittadina e del significato attribuibile allo studio dei dati di cui

si dispone. Soprattutto è necessario comprendere quale percentuale di

cittadini venisse censita attraverso i volumi degli estimi, ovvero quale

fosse l’entità delle esenzioni che in essi, in quanto strumenti per l’esa-

zione di un’imposta reale, dovevano necessariamente essere ricono-

sciute. Meno preoccupante dovrebbe essere il problema dell’evasione,

che potrebbe presentarsi al livello della denuncia e della valutazione dei

beni, piuttosto che a quello di un occultamento

tout court

dell’esisten-

za di una famiglia possidente beni fondiari, occultamento reso oltre-

modo problematico sia dalle limitate dimensioni della città, sia dalle

forme di controllo sociale che il catasto doveva probabilmente suscita-

re. È pertanto presumibile che coloro i quali non risultano dagli estimi

appartenessero alle categorie esentate dal pagamento della

talea

o al no-

vero di quanti, pur vivendo in città, erano totalmente sprovvisti di be-

ni censibili.

Vi sono buone ragioni per ritenere che la quota di abitanti esenti fos-

se in realtà piuttosto ridotta. Innanzitutto è da escludere un’esenzione

completa a favore delle classi nobiliari. Anche se i beni detenuti a tito-

lo «feudale» non sono sottoposti a tassazione, essi vengono comunque

registrati. Sono infatti numerosi i beni posseduti a tale titolo dalle fa-

miglie dell’aristocrazia cittadina, quali ad esempio i Borgesi e i Beccu-

ti, che vengono regolarmente registrati, ma non stimati ai fini dell’ap-

plicazione dell’imposta. L’esempio più evidente di tale pratica è dato

dalla

grangia

di Drosso, originariamente appartenente ai monaci di Staf-

farda e pervenuta poi nelle mani dei Vagnoni di Trofarello, alla quale

facevano capo oltre mille giornate di terra. Regolarmente registrata ne-

gli estimi a partire dalla metà del Quattrocento, risulta costantemente

esentata dalla valutazione e dall’imposta

10

. Esenzione completa vi è na-

turalmente per i religiosi, i quali sfuggono del tutto all’estimo, salvo nel

caso in cui detengano beni a titolo personale; si è supposto che essi do-

L’economia e la società

427

9

ASCT, Pust. 1520, f. 11

v

; Dor. 1510, ff. 44

r

, 137

v

.

10

ASCT, Nuova 1464, f. 116

r

; per i Borgesi cfr. ASCT, Nuova 1464, la registrazione di Do-

menico, f. 3

v

e per i Beccuti quella di Aleramo, f. 35

r

.