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addirittura quasi 3800 nel 1510. La ragione di un tale successo va ricer-

cata nella sua natura di associazione policolturale, che consente di co-

niugare viticolture e colture alimentari, fornendo così allo stesso tempo

cibo e bevanda. Per tale motivo esso costituisce la scelta privilegiata dei

piccoli e medi proprietari, che in tal modo riescono a differenziare la pro-

pria produzione. Non per nulla a partire dalla metà del secolo esso è pre-

sente in almeno due patrimoni su tre e la sua presenza è proporzional-

mente tanto più rilevante a quanto minore è l’ampiezza dell’azienda

53

.

La vigna, contrariamente a quanto si potrebbe supporre, non è co-

stretta al ritiro di fronte all’avanzata dell’alteno. Anzi, pur confinata

esclusivamente sulla collina, essa conquista lentamente nuovi spazi: dal-

le circa 600 giornate occupate nel 1415 cresce fino alle 900 del 1510. An-

che se frammentata in minuscole parcelle, non esiste quasi patrimonio

torinese, per quanto piccolo, che non ne annoveri almeno un pezzetto.

Considerata nel suo complesso, la viticoltura appare essere un’attività

praticamente irrinunciabile per i Torinesi della fine del medioevo: vi si

dedicano 9 possessori di terra su 10, lungo l’arco di tempo qui studiato.

Più complesso è il discorso riguardo all’arativo. Pur costituendo sen-

za dubbio la coltura più diffusa, la sua centralità viene di fatto messa in

discussione. Se le superfici occupate dai seminativi continuano a cre-

scere fino alla metà del

xv

secolo, all’inizio del Cinquecento si assiste

ad una inversione di tendenza. Responsabile di ciò sembra essere pro-

prio l’alteno: al modello di azienda dominante al principio del secolo

precedente, fondato, pur in un panorama tendenzialmente policoltura-

le, sull’arativo e sulla vigna, si è ormai sostituito, tranne che nei grandi

patrimoni, un nuovo modello, incentrato sull’alteno. Proprio la natura

di associazione policolturale di quest’ultimo, peraltro, lascia supporre

che la perdita di superficie registrata dall’arativo puro possa essere com-

pensata dalle coltivazioni praticate sotto e fra le vigne alte

54

.

Estremamente interessante è pure l’evoluzione delle colture prati-

cole: in rapida crescita fino all’estimo del 1464, tendono poi a ripiega-

re, probabilmente a favore dell’alteno e di colture specializzate, come la

canapa. Ma il dato più interessante è il completo ribaltamento del rap-

porto fra prato secco e prato irriguo. Questo segna notevolissimi pro-

gressi, passando dalle circa 700 giornate occupate nel 1415 alle oltre

3000 del 1464, per poi assestarsi nei due estimi successivi intorno alle

2500 giornate. Ciò costituisce un indice fondamentale del rinnovamen-

L’economia e la società

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53

Sullo sviluppo dell’alteno e in genere sulla viticoltura torinese nel basso medioevo cfr.

s. a.

benedetto

,

Viticoltori di città: vite e strutture sociali a Torino nel

xv

secolo

, in

r. comba

(a cura di),

Vigne e vini nel Piemonte medievale

, Cuneo 1990, pp. 143-61.

54

Ibid.

, pp. 154-58.