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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
per sé costituire un chiaro esempio di concentrazione del possesso nel-
le mani di pochi: coloro i quali possiedono almeno 50 giornate di terra
sono in tutto 56 e detengono nelle loro mani complessivamente 5969
giornate, mentre gli altri 568 contribuenti si dividono le rimanenti 5890.
I senza terra e coloro i quali si situano al di sotto del limite di sussistenza,
tradizionalmente collocato a 10 giornate, sono oltre il 57 per cento dei
contribuenti. Soltanto un decimo della proprietà fondiaria complessi-
vamente registrata è nelle loro mani. Esiste tuttavia una classe di medi
proprietari, dotati di patrimoni di ampiezza compresa fra le 10 e le 50
giornate, che rappresenta circa un terzo dei contribuenti e detiene qua-
si il 40 per cento della terra.
Lo squilibrio si accentua negli estimi successivi, quando le classi in-
feriori appaiono infoltirsi a spese di quelle medie. Continuando ad uti-
lizzare come indicatore la percentuale di contribuenti che possiedono
meno di 10 giornate, si rileva che essi diventano il 64 per cento nel 1464
e addirittura il 75 per cento nel 1510. Si verifica, quindi, una polariz-
zazione molto accentuata del possesso terriero, con un assottigliamento
della classe media a favore, da un lato, della minuscola proprietà e dei
fornitori d’opera, e, dall’altro, dei grandi proprietari, i cui possedimen-
ti si ampliano ulteriormente. Tutto ciò avviene in un contesto di muta-
menti sociali che, d’altro canto, accrescono certamente il numero delle
persone che a Torino si dedicano ad attività diverse dall’agricoltura. Ta-
le situazione, in cui l’accesso alla terra diviene progressivamente più dif-
ficile e diminuisce il tasso di ruralità della vita cittadina, spiega il gran-
de successo dell’alteno, che consente di sfruttare intensamente piccoli
appezzamenti di terra ricavandone derrate fondamentali e consentendo
di sottrarsi in tutto o in parte al mercato attraverso l’autoconsumo.
Se considerata dal punto di vista della grande proprietà, invece, la
concentrazione del possesso terriero costituisce un presupposto indi-
spensabile e uno stimolo allo sviluppo di strutture agricole di tipo mez-
zadrile. Non è un caso, perciò, che le fonti, ivi compresi gli estimi, so-
litamente così reticenti a citare le professioni dei cittadini, soprattutto
quando si tratta di lavoratori agricoli, rivelino la presenza di un nume-
ro sempre crescente di «masoerii», ossia massari. Legati ai proprietari
da contratti di breve durata, simili a quelli mezzadrili, i massari diven-
gono nel corso del Quattrocento una figura tipica del paesaggio, non so-
lo sociale, torinese
56
. Sono essi, infatti, gli altri protagonisti, insieme con
i proprietari, dello sviluppo poderale e dell’insediamento sparso. Men-
56
Sui contratti di massaria cfr.
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., pp. 119-23.