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diativo, chiamato a seconda delle fonti

palacium

,

airale

oppure

grangia

,

ma che, sotto l’indicazione di «airale de Strata», costituisce invece un

fondamentale riferimento topografico. Si tratta di un complesso fortifi-

cato, appartenente nel Trecento alla famiglia Cravino, abbandonato fra

la fine di quel secolo e l’inizio del successivo, riattivato da un ricco bor-

ghese, Michele Belliodi detto «Marchandinus» che lo denuncia nell’esti-

mo del 1445 e passato in seguito a Gian Giacomo de Strata, membro di

una famiglia patrizia della città, che nel 1464 lo descrive come «palla-

cium ayralis cum ayris tectis et hedificiis intus existentibus cum fossatis

et fortaliciis»

74

. Sorge anch’esso al di là della Dora e organizza un patri-

monio di circa 200 giornate, due terzi delle quali destinate ad arativo,

in parte altenato, mentre il rimanente è occupato da prato.

Bisogna infine ricordare il complesso più imponente di tutti, quello

di Drosso, appartenente ai Vagnoni di Trofarello, che, come già ricor-

dato, compare per la prima volta nell’estimo del 1464. Intorno a esso

gravitano circa 1000 giornate, perlopiù di arativo, e il nucleo abitato di

Borgaretto, un gruppo di case con i relativi annessi, registrate in una se-

zione distinta dello stesso estimo

75

.

Ciò che più fortemente caratterizza questi insediamenti intercalari

è il fatto che essi rappresentano un consapevole tentativo di combatte-

re quei fenomeni di frammentazione che ancora investono l’agricoltura

torinese nella prima metà del Quattrocento e costituiscono l’avanguar-

dia e, forse, il modello dell’avanzata dell’

habitat

sparso nel Torinese

76

.

Dal punto di vista delle strutture materiali si configurano come edifici

fortificati di una certa complessità, in cui coesistono costruzioni di di-

versa natura e spazi aperti. Probabilmente il solo castello o grangia di

Drosso funge da residenza stabile dei suoi proprietari, mentre gli altri

devono essere utilizzati come residenze stagionali, utilizzate nei mo-

menti in cui più fervono i lavori agricoli. Almeno fino alla metà del se-

colo anche i «masoerii» a cui generalmente è affidato lo sfruttamento

delle terre abitano ancora in città: nel 1464 l’

airale

«de Strata» è l’uni-

co a essere abitato stabilmente da un massaro

77

.

L’opera di riorganizzazione e di valorizzazione dei patrimoni fon-

L’economia e la società

459

74

ASCT, Dor. 1445, f. 31

r

; Nuova 1464, f. 1

r

; Nuova 1488, ff. 8

r

, 10

v

; Nuova 1528, f. 79

v

;

cfr. anche

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., pp. 105-6.

75

ASCT, Nuova 1464, ff. 85

r

, 116

v

, 117

r

; Dor. 1464, f. 193

v

;

bonardi

,

Castelli e dimore pa-

trizie

cit., pp. 269-72.

76

Cfr.

a. a. settia

,

Tra azienda agricola e fortezza: case forti, «motte» e «tombe» nell’Italia set-

tentrionale. Dati e problemi

, in «Archeologia medievale»,

vii

(1980), pp. 31-54.

77

ASCT, Dor. 1464, f. 200

v

: «Iordanus Duchi masoerius Iohannis Iacobi de Strata comorans

in eius ayralibus ultra et prope Duriam».