

460
Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
diari si accompagna però a un rafforzamento delle strutture e delle fun-
zioni di questi complessi. Escludendo il caso di Lucento, la cui affer-
mazione come nucleo di potere signorile configura un caso del tutto par-
ticolare, gli altri edifici tendono a essere uniformati nel linguaggio del-
le fonti sotto il termine di
palacium
, un termine che racchiude in sé una
complessità di simbologie di potere, di dignità e di prestigio non sol-
tanto economico. Non è difficile immaginare quale suggestione questi
complessi abbiano esercitato sugli strati più dinamici della borghesia cit-
tadina e quale ruolo di stimolo nello sviluppo dell’
habitat
sparso abbia-
no svolto, non appena le condizioni si siano mostrate mature per un’evo-
luzione in tal senso.
All’inizio del
xv
secolo, infatti, come abbiamo visto, le condizioni
non erano certo favorevoli allo sviluppo dell’
habitat
sparso. Gli stessi
complessi maggiori e fortificati avevano subito danni, scorrerie, ab-
bandoni. Abitare al riparo delle mura cittadine, peraltro poco conge-
stionate per la crisi demografica, appariva una scelta pressoché obbli-
gata. Il territorio circostante la città appare perciò spopolato di uomi-
ni e popolato di relitti toponomastici. Poco o nulla sappiamo di quel
«castrum Ochet» citato tre sole volte nell’estimo del 1415 con riferi-
mento a un’area dell’Oltrepò, della «mota Aynardorum», del «castrum
Nequorum». Né molto di più è possibile dire di quei toponimi («tec-
tum Alamanorum», «tectum Mazochorum») che forse celano le vesti-
gia di tentativi di appoderamento condotti in tempi migliori
78
.
Oltre a ciò che è già stato ricordato la campagna torinese, secondo
gli estimi, nel 1415 non presenta altro che una fornace, posta oltre la
Dora e un modesto
tectum
, dotato di 14 giornate di terra, situato a mez-
zogiorno della città e appartenente a Stefano Ainardi, il cui patrimonio
immobiliare, indiviso con il fratello, sfiora peraltro le 300 giornate
79
.
Si ntomi d i r i pr e s a de l l ’ i ns ed i amento spa r so .
Trent’anni dopo qualcosa è mutato. Settimo e Chivasso sono ora sa-
baude, cosicché il confine con il Monferrato si è spostato più a oriente,
mentre le imprese di Facino Cane sono ormai un ricordo e la popola-
zione cittadina ha ripreso a crescere. Costruzioni e punti di insediamento
sparso sorgono qua e là nel territorio torinese. Oltre il Po l’estimo regi-
78
ASCT, Dor. 1415, ff. 19
r
, 22
v
, 70
v
; sugli insediamenti abbandonati della collina torinese
cfr.
settia
,
Insediamenti abbandonati
cit., pp. 237-328; cfr. anche
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., p. 106.
79
ASCT, Pust. 1415, f. 115
v
; Dor. 1415, f. 75
r
.