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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

diari si accompagna però a un rafforzamento delle strutture e delle fun-

zioni di questi complessi. Escludendo il caso di Lucento, la cui affer-

mazione come nucleo di potere signorile configura un caso del tutto par-

ticolare, gli altri edifici tendono a essere uniformati nel linguaggio del-

le fonti sotto il termine di

palacium

, un termine che racchiude in sé una

complessità di simbologie di potere, di dignità e di prestigio non sol-

tanto economico. Non è difficile immaginare quale suggestione questi

complessi abbiano esercitato sugli strati più dinamici della borghesia cit-

tadina e quale ruolo di stimolo nello sviluppo dell’

habitat

sparso abbia-

no svolto, non appena le condizioni si siano mostrate mature per un’evo-

luzione in tal senso.

All’inizio del

xv

secolo, infatti, come abbiamo visto, le condizioni

non erano certo favorevoli allo sviluppo dell’

habitat

sparso. Gli stessi

complessi maggiori e fortificati avevano subito danni, scorrerie, ab-

bandoni. Abitare al riparo delle mura cittadine, peraltro poco conge-

stionate per la crisi demografica, appariva una scelta pressoché obbli-

gata. Il territorio circostante la città appare perciò spopolato di uomi-

ni e popolato di relitti toponomastici. Poco o nulla sappiamo di quel

«castrum Ochet» citato tre sole volte nell’estimo del 1415 con riferi-

mento a un’area dell’Oltrepò, della «mota Aynardorum», del «castrum

Nequorum». Né molto di più è possibile dire di quei toponimi («tec-

tum Alamanorum», «tectum Mazochorum») che forse celano le vesti-

gia di tentativi di appoderamento condotti in tempi migliori

78

.

Oltre a ciò che è già stato ricordato la campagna torinese, secondo

gli estimi, nel 1415 non presenta altro che una fornace, posta oltre la

Dora e un modesto

tectum

, dotato di 14 giornate di terra, situato a mez-

zogiorno della città e appartenente a Stefano Ainardi, il cui patrimonio

immobiliare, indiviso con il fratello, sfiora peraltro le 300 giornate

79

.

Si ntomi d i r i pr e s a de l l ’ i ns ed i amento spa r so .

Trent’anni dopo qualcosa è mutato. Settimo e Chivasso sono ora sa-

baude, cosicché il confine con il Monferrato si è spostato più a oriente,

mentre le imprese di Facino Cane sono ormai un ricordo e la popola-

zione cittadina ha ripreso a crescere. Costruzioni e punti di insediamento

sparso sorgono qua e là nel territorio torinese. Oltre il Po l’estimo regi-

78

ASCT, Dor. 1415, ff. 19

r

, 22

v

, 70

v

; sugli insediamenti abbandonati della collina torinese

cfr.

settia

,

Insediamenti abbandonati

cit., pp. 237-328; cfr. anche

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., p. 106.

79

ASCT, Pust. 1415, f. 115

v

; Dor. 1415, f. 75

r

.