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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
niano, al di là di ogni dubbio, che proprio là il principe Filippo costruì,
nel secondo decennio del Trecento, «un grande castello» al cui confronto
ogni edificio preesistente era necessariamente poca cosa.
La
domus
di Guglielmo VII, in conclusione, può (e forse deve) esse-
re posta altrove, così che le strutture scoperte e studiate a suo tempo dal
D’Andrade coincidono assai verisimilmente con il castello realizzato da
Filippo d’Acaia tra 1317 e 1320
62
.
L’ipotesi che il marchese di Monferrato avesse costruito la sua «do-
mus de forcia» proprio in corrispondenza della porta romana verso il Po
poteva in verità essere criticata già in precedenza sotto più punti di vi-
sta. Essa trae gran parte del suo fondamento dall’osservazione del Pro-
mis che «queste case forti faceansi allora alle porte di città e volte ver-
so le terre possedute dal signore», poi più volte sottolineata adducendo
il fatto che il marchese avrebbe potuto così «assicurarsi l’uscita della
città verso il Monferrato, ed avere da quella parte una forte dimora per
il suo temporaneo soggiorno», ovvero «sicuro sostegno della sua domi-
nazione a pronto contatto con la collina»
63
.
Ora solo a chi non rifletta a sufficienza sulla realtà politica esisten-
te ai tempi di Guglielmo VII viene spontaneo identificare
tout court
il
Monferrato con l’area collinare immediatamente a destra del Po, dal cui
contatto il marchese avrebbe potuto trarre chissà quali grandi e imme-
diati vantaggi. Essa, al contrario, era allora integralmente soggetta al
controllo dei comuni di Chieri e di Moncalieri, con i quali Guglielmo
non ebbe mai alcun rapporto preferenziale. Per lui sarebbe perciò stato
più conveniente collocare piuttosto la sua casa forte in corrispondenza
della porta «Palatina», aperta sulla strada che, attraverso Settimo To-
rinese e Brandizzo (luoghi da secoli soggetti ai marchesi), portava a Chi-
vasso, cioè ad uno dei più importanti centri della loro dominazione
64
.
Vi sono poi ragioni più sottili per dubitare che Guglielmo, nel tem-
po in cui esercitò la sua signoria su Torino, potesse a proprio piacimen-
to costruire qualunque edificio nel sito voluto, senza fare i conti con il
comune che certo aveva stabilito con lui precise condizioni. Ignoriamo,
è vero, il testo di tali accordi, ma conosciamo i patti convenuti negli stes-
si anni con Ivrea, dei quali è utile tenere conto.
Nel 1266, durante la prima fase del suo dominio su quella città, Gu-
62
f. monetti
e
f. ressa
,
La costruzione del castello di Torino, oggi palazzo Madama (inizio se-
colo
xiv
)
, Torino 1982, pp. 7, 32 (nota 31), 35 (nota 60).
63
Rispettivamente
promis
,
Storia dell’antica Torino
cit., p. 194;
rondolino
,
Il castello
cit.,
p. 2;
cognasso
,
Storia di Torino
cit., p. 139.
64
Cfr.
settia
,
Un castello a Torino
cit., p. 21.