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La città e il suo territorio

33

piegare nella nuova costruzione; altre pietre continueranno ad essere

scavate «in castro» anche in seguito

72

.

Quando il nuovo edificio sarà ormai a buon punto, ecco operai che

lavorano, sempre «in castro», una prima volta per romperne il muro e

dare così accesso alla sala appena costruita, e poi ancora «ad rumpen-

dum murum veterem in castro»; verisimilmente si tratta dello stesso

«muro vecchio interno dove si trova la porta della sala» in seguito del

tutto spianato per utilizzarne i mattoni, previa l’asportazione dei mer-

li. La presenza della merlatura rivela che «si trattava di una cortina ester-

na» divenuta inutile per essere stata «inglobata nel nuovo complesso»

73

.

Verso la città prospettano «le due torri vecchie», già appartenenti

alla porta romana, in una delle quali si ripristinano gli assiti dei cinque

ripiani e si provvede al rinnovo della copertura

74

. L’espressione che col-

loca lo spazio occupato dal castello «ibi in medio duarum turrium vete-

rum» lascia ben intendere che l’edificio, attorno al quale si iniziarono i

lavori nel 1317, doveva essere delimitato «dalla larghezza dell’intertur-

rio»; si trattava perciò di un piccolo castello che tutt’al più «sporgeva

un poco all’esterno della cinta di mura», pur conservando «lo stesso or-

dine di larghezza»

75

.

A ben vedere, in conclusione, il castello «vecchio» non parrebbe

differenziarsi molto dalla porta romana stessa, la cui struttura è stata

ricostruita sulla base sia dei ritrovamenti archeologici sia della sua so-

miglianza con la gemella porta «Palatina». Essa, non diversamente dal

castello, era «formata da un prospetto compreso fra le due torri» avan-

zando da un lato «sulla linea esterna del muro di cinta», mentre dalla

parte opposta era completata dagli edifici della

statio

che si spingevano

«a ponente verso l’abitato della città». La costruzione centrale, coro-

nata da merli come le torri, «s’innalzava su tre ordini» pur rimanendo

«più bassa delle torri che le stavano ai lati»

76

.

Se ne può indurre che l’edificio preso in consegna da Filippo d’Acaia

nel 1295 coincideva in sostanza con la porta romana primitiva modifi-

cata, s’intende, dai numerosi interventi edilizi succedutisi nei secoli, i

quali però, a quanto pare, non avevano mai operato una riplasmazione

integrale.

72

monetti

e

ressa

,

La costruzione del castello di Torino

cit., pp. 67, 85, 87-88.

73

Ibid.

, rispettivamente p. 108 («sale canove» che ivi si legge sarà da intendersi «sale nove»?),

e pp. 112, 137, con il commento a p. 23.

74

Ibid.

, pp. 45-49; cfr. anche

m. arduino

,

«Castrum in castro» porte Fibellone

, in

pettenati

e

bordone

(a cura di),

Torino nel basso medioevo

cit., pp. 30, 34.

75

monetti

e

ressa

,

La costruzione del castello di Torino

cit., p. 59 e commento a p. 35, nota 60.

76

telluccini

,

Il palazzo Madama

cit., pp. 6-9 (sulla base dei rilevamenti del D’Andrade).