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lora costretto a spostare continuamente la propria sede

50

; si dovrà per-

ciò ammettere che con l’espressione «palacium civitatis Taurini» si sia

voluto designare, per quanto in modo improprio, il complesso di Porta

Fibellona, mai indicato come tale in nessun’altra fonte a noi nota. Esso

era difatti l’edificio più importante di cui Filippo disponeva in città dal

momento che nel 1298 vi stazionavano otto

clientes

e due

gaite

, mentre

soltanto tre

clientes

e una

gaita

presidiavano il «castrum porte Segusi-

ne» e la sorveglianza del ponte sul Po e della relativa

bastita

era affida-

ta a non più di quattro

clientes

e a due

gaite

51

. Con il complesso di Por-

ta Fibellona andrà perciò identificato anche il «castello» detenuto nel

1291 da Amedeo V, e il «castrum dicti loci» preso in consegna dal rap-

presentante di Filippo nel 1295

52

.

Se viene spontaneo pensare che il potere sabaudo in Torino abbia

inizialmente guardato alla Porta Segusina come alla sua sede naturale,

non poteva certo sfuggire a Tommaso II che dall’epoca degli Arduinici

molte cose erano cambiate tanto nell’assetto istituzionale, economico e

urbanistico della città quanto nella conformazione del territorio ora do-

minato dai Savoia; era mutata, inoltre, la gerarchia delle grandi vie di

comunicazione che conferivano a Torino tutta la sua importanza: la stra-

da fra i passi alpini e la pianura padana si identificava originariamente

con il percorso volto verso Vercelli e Pavia, ma fra

xii

e

xiii

secolo esso

era stato soverchiato dall’itinerario indirizzato invece verso Asti e Ge-

nova; di qui il rilievo acquistato dalle porte aperte nelle mura della città

in direzione del Po, in connessione con il nuovo ponte gettato su quel

fiume

53

. Lo spostamento del centro di potere sabaudo da Porta Segusi-

na a Porta Fibellona sanziona dunque, in certo modo, la definitiva pre-

valenza commerciale della strada rivolta al mare proiettando su di essa

le precipue ambizioni della dinastia.

Poco sappiamo di quel «palazzo nuovo» da cui Tommaso II di Sa-

voia avrebbe datato un suo atto del 1252, non stupirebbe però – come

si è supposto – se si trattasse proprio di una sistemazione della Porta Fi-

bellona a nuova sede del suo potere

54

. La signoria di Tommaso non eb-

be vita lunga, ma i suoi successori non dimenticarono quell’esperienza

senza peraltro abbandonare l’antico palazzo degli Arduinici: le

gaite

ap-

La città e il suo territorio

27

50

settia

,

Fisionomia urbanistica

cit., pp. 797-98 (testo corrispondente alle note 35 e 36).

51

gherner

,

La frequentazione del «Castrum Porte Phibellone»

cit., p. 41, nota 57.

52

Cfr. sopra, p. 24, testo corrispondente alle note 39, 40.

53

Cfr.

settia

,

Fisionomia urbanistica

cit., pp. 816-24 (testo corrispondente alle note 89-110).

54

La citazione del documento e l’ipotesi sono di

f. rondolino

,

Il «praetorium» di Torino

, in

«Atti della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti»,

xii

(1930), p. 71;

id

.,

Il castello

cit.,

p. 2.