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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

salente al 1429, quando Stefano Beccuti «Abbate Stultorum Taurini»

fu citato in giudizio da Bona moglie di Matteo Ainardi «pro facto che-

vramariti»

272

.

La legislazione torinese, come si ricorderà, dopo aver tentato vana-

mente per gran parte del Trecento di proibire questo genere di manife-

stazioni, aveva finito ai primi del Quattrocento per tollerarle, purché

evitassero di trasformarsi in occasioni di violenza

273

; il fatto che proprio

intorno a questa data l’organizzazione dello

charivari

sia stata affidata a

un’associazione ufficiale, dotata addirittura di propri statuti, quale l’Ab-

bazia degli Stolti rientra pienamente in una strategia di disciplinamen-

to dell’esuberanza giovanile, che non tardò a dare i suoi frutti. Già al

tempo del duca Ludovico, la pratica precedentemente vietata si era tra-

sformata in un innocuo cerimoniale, approvato senza obiezioni dalle più

elevate autorità, secondo un processo di cui non mancano riscontri in

altri luoghi, e che fece sentire le sue conseguenze anche sul piano lessi-

cale: per il redattore degli statuti, «la charavarye» non è altro che «le

disner de tous les moynnes», pagato senza discutere da chiunque con-

traesse seconde nozze – uno slittamento semantico che conferma come

il rito, istituzionalizzandosi, avesse ormai perduto ogni valenza tra-

sgressiva.

Alla luce di quanto si è detto parrebbe legittimo concludere che l’ab-

bazia svolse nella vita torinese una funzione d’ordine, certo non sgra-

dita alle autorità cittadine, se non addirittura promossa da queste ulti-

me; il suo successo nell’addomesticare la violenza dei rituali popolari

prelude al riconoscimento di un ruolo organizzativo nelle manifestazio-

ni ufficiali della collettività. Ai primi del Cinquecento, qualche conces-

sione di finanziamenti da parte del consiglio comunale dimostra che

un’attività teatrale a sfondo prevalentemente religioso era compresa fra

le ricreazioni cui i soci votavano il proprio tempo «pour resveillier et en-

trectenir les cueurs» dei cittadini, e benché si tratti di indicazioni tar-

dive, è probabile che già in precedenza l’organizzazione di sacre rap-

presentazioni rientrasse sotto la giurisdizione dell’abate. Nel 1506 la

«nobilis comittiva sociorum civitatis Taurini» chiese al comune un con-

tributo per rappresentare il «misterium» di san Vittore nella festa del-

la Natività di Maria, ottenendo lo stanziamento non indifferente di 60

fiorini, «quia hoc fieri non potest sine magno dispendio»; l’anno suc-

cessivo gli Stolti misero in scena, nello stesso periodo, un «ludum For-

272

ASCT,

Ordinati

, 65, f. 13

v

.

273

Cfr. in questo stesso volume,

a. barbero

,

Criminalità e giustizia

, pp. 190-210.