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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

sua attività è documentata, anche se in modo discontinuo, dal 1429 al

1568, nello stesso periodo cioè in cui analoghe organizzazioni conob-

bero anche altrove la massima fioritura; l’abbazia ricevette i suoi sta-

tuti dal duca Ludovico, al potere dal 1434, e riuscì a farli confermare

dal figlio Filippo Senza Terra verso il 1496 e dal nipote Carlo II nel

1508, scomparendo invece dalla scena quando il figlio di quest’ultimo,

Emanuele Filiberto, ebbe intrapreso una profonda ristrutturazione dei

rapporti fra autorità ducale e istituzioni locali. Le attestazioni docu-

mentarie si addensano in prevalenza negli ultimi anni del Quattrocen-

to e nei primi due o tre decenni del Cinquecento, quando, si direbbe,

l’associazione svolse un ruolo di più alto profilo nella vita della città;

nulla per contro autorizza ad affermare che essa fosse già attiva prima

del 1429 e che la sua comparsa alla luce a una data così tarda sia dovu-

ta soltanto ai capricci della documentazione, secondo una prospettiva

frequentemente adottata dagli studiosi di questo genere di istituzioni.

Tutt’altro che casuale appare infatti la coincidenza cronologica fra la

scomparsa della Società di San Giovanni Battista e l’apparizione del-

l’Abbazia degli Stolti: gli statuti della società proibivano senza mezzi

termini la costituzione di qualsiasi altra associazione in città, ed è dun-

que improbabile che l’esistenza dell’abbazia abbia potuto essere for-

malizzata prima del 1419. Al contrario, il ruolo da essa svolto nella vi-

ta torinese la connota come un’istituzione specificamente quattro-cin-

quecentesca, nella cui natura si rispecchiano le peculiari contraddizioni

sperimentate in quel tempo dal mondo cittadino

270

.

La fonte più importante sulla vita e gli scopi dell’associazione è rap-

presentata dai «chappitres et previleges» concessi dal duca Ludovico,

verso la metà del Quattrocento, «a l’Abbé de la cité de Thurin» e con-

fermati dai suoi successori; sebbene questa documentazione ufficiale

trascuri di mettere in luce gli aspetti più ambigui, e potenzialmente

eversivi, dell’abbazia, dipingendola come un’innocua associazione fe-

stiva, priva di qualsiasi connotazione politica. Il suo scopo, se prestia-

mo ascolto al redattore degli statuti, era soltanto quello di assicurare

un passatempo degno del loro rango a «toutz bons citayns et borgeoys

d’icelle, qui appres avoyr aulcunnefois travallié […] desirent honne-

stement prendre recreations»: una formulazione che lascia ben inten-

dere il carattere, se non propriamente elitario, certo non popolare del-

l’associazione. Questo tratto trova ulteriore conferma nella clausola che

sbrigativamente conferisce all’abate il diritto di «prendre et comman-

270

Cfr., per tutto ciò che segue,

barbero

,

La violenza organizzata

cit., e la bibliografia ivi ci-

tata.