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trovarono sempre più consenso. All’interno dello stesso organismo co-

munale erano state ormai accolte le istanze di carattere estetico che ave-

vano portato all’ampiamento della piazza di città: tra il 1462 e il 1464

venne ricostruita la sommità della torre comunale, in cima alla quale fu-

rono posti un globo e un toro dorati sormontati da una croce, con evi-

dente intento autocelebrativo. Pochi anni dopo, nel 1472, il comune de-

liberò l’acquisto di un nuovo palazzo dove trasferire la propria sede: si

trattava di un grande edificio porticato, con due botteghe, affacciato

sulla piazza del mercato, il primo nucleo dell’attuale palazzo municipa-

le. Con questa scelta l’istituzione cittadina si riappropriò del centro rin-

novato per volere ducale: negli anni Ottanta l’edificio venne ricostrui-

to e nel 1514 decorato ad opera di un artista torinese

17

.

I nuovi notabili necessitavano di abitazioni che celebrassero il pote-

re recentemente acquisito: molti palazzi vennero ristrutturati e altri ven-

nero costruiti dalle fondamenta, come quello che Oldrado Canavosio,

presidente del Consiglio cismontano dal 1484, si fece edificare nel 1488

nella parrocchia di San Dalmazzo, ottenendo una sovvenzione dal co-

mune per il trasporto di seimila mattoni. Le nuove dimore furono crea-

te spesso grazie all’accorpamento di diverse unità immobiliari, come ap-

pare chiaro dalle descrizioni degli stabili di maggior valore denunciati

nei catasti dei primi decenni del Cinquecento: si veda ad esempio la ca-

sa costituita «in diversis parcellis et membris» con tre cortili, una stal-

la, un orto e tre ingressi che i nobili Ferreri possedevano nell’isolato del

palazzo comunale nel 1523. Il desiderio di adeguarsi a nuovi modelli in-

sediativi traspariva chiaramente da una lamentela presentata nel 1519

al consiglio comunale da parte di diversi nobili e potenti che, volendo

edificare i propri palazzi, avevano già iniziato ad ampliarli «pro decore,

honore, commodo et utilitate civitatis et tocius rei publice», ma si era-

no dovuti scontrare con le resistenze dei piccoli proprietari confinanti

che, rifiutandosi di vendere le proprie «domuncule», impedivano il pro-

seguimento dei lavori

18

.

L’esigenza di una maggiore salubrità del tessuto urbano, che nel 1469

aveva ancora suscitato le rimostranze dei

domini

del Consiglio cismon-

tano e dei professori dell’università contro le tintorie e le concerie che

appestavano le strade più frequentate, spinse all’inizio del Cinquecen-

to il comune a intraprendere nuovi lavori di lastricatura, che questa vol-

La vita e le istituzioni culturali

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17

s. a. benedetto

,

Problemi finanziari per l’acquisto e la manutenzione delle «domus comunis

Taurini» nei secoli

xiv

e

xv

, in

Il Palazzo di Città a Torino

, I.

Torino antica e medievale

, Torino 1987,

pp. 54-56;

bonardi

,

Torino bassomedievale

cit

.

, pp. 36-40.

18

ead.

,

L’uso sociale dello spazio urbano

cit., pp. 163-66, 198-99.