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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

una nuova bolla di Martino V, papa di Roma, cui seguirono ulteriori

conferme dei privilegi papali

28

.

Le prime approvazioni da parte delle due autorità universali ricono-

scevano l’attivazione di corsi in diritto canonico e civile, teologia, arti

liberali e medicina, ossia i classici settori disciplinari della tradizione

universitaria. Anche nel contesto torinese questi ultimi due corsi, tra lo-

ro complementari, erano legati secondo un tipico processo di osmosi cul-

turale, che per secoli avrebbe caratterizzato la facoltà di arti (soprattutto

l’insegnamento di logica e filosofia) come primaria, quantunque non ne-

cessariamente propedeutica per l’accesso alla altre, imprimendo alla me-

dicina una prevalente impostazione speculativa. Tuttavia sembra che a

Torino nei primi anni si svolgesse con una certa regolarità unicamente

l’insegnamento di diritto, articolato in due indirizzi, rispettivamente di

diritto civile e di diritto canonico; forse le lezioni di teologia si teneva-

no ancora presso le scuole degli ordini mendicanti

29

.

Nel periodo iniziale le spese per il funzionamento dello Studio gra-

vavano totalmente sul bilancio comunale e i fondi venivano reperiti at-

traverso imposizioni fiscali straordinarie o mutui. L’onere finanziario

imposto alla città era dunque pesante: occorreva pagare i compensi ai

docenti, allestire le aule per le lezioni e dotarle di banchi e cattedre, cu-

rare la manutenzione di locali e attrezzature scolastiche, provvedere agli

alloggi per gli studenti. Il bipolarismo signore/città era accentuato in

questo caso dai non sempre facili rapporti fra i due protagonisti in con-

correnza tra loro anche a proposito dell’università. La situazione si fe-

ce anzi ancora più critica al tempo di Amedeo VIII, che aveva annesso

ai domini sabaudi le terre piemontesi degli Acaia verso la fine del 1418.

Nell’autunno del 1424 il duca dispose una vera e propria riforma, con

cui perseguiva una soluzione più organica per i problemi dello Studio,

ma soprattutto affermava la propria autorità nei confronti dell’istitu-

zione universitaria, significativamente designata come «almam filiam

nostram Universitatem Studii Taurinensis». Egli attribuiva infatti ogni

funzione di tipo amministrativo e il coordinamento dell’attività acca-

demica ad un organismo collegiale, composto da tre riformatori genera-

li di sua nomina, con specifiche funzioni deliberative: in particolare con-

28

Per una rapida sintesi sugli esordi dell’istituzione mi permetto di rinviare al mio recente con-

tributo,

Le origini e i primi secoli

, in

f. traniello

(a cura di),

L’Università di Torino. Profilo storico

e istituzionale

, Torino 1993, pp. 14-21. La maggior parte dei documenti richiamati nel presente

contributo è edita nella importante opera di

vallauri

,

Storia delle Università degli Studi del Pie-

monte

cit., I, pp. 239 sgg.

29

Mi limito a citare

Le scuole degli ordini mendicanti (secoli

xiii-xiv

)

(Atti del Convegno del

Centro di studi sulla spiritualità medievale, Todi 11-14 ottobre 1976), Todi 1978.