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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

di laurea», tra gli anni Quaranta e Sessanta. In ogni caso il numero dei

titoli accademici assegnati complessivamente sembra abbastanza esiguo,

per quanto occorra tenere presente che questo tipo di fonte, reperibile

nella serie dei protocolli dei notai vescovili, presenta gravi lacune. Del

resto è ovvio che la nostra università non potesse competere con altre

di antica tradizione e ormai molto affermate. Mancano lavori organici

sulla condizione sociale degli studenti, peraltro assai difficile da inda-

gare in base alla documentazione attualmente disponibile, ma mancano

anche studi specifici sulla loro provenienza geografica, per cui potreb-

be fornire qualche elemento utile proprio l’analisi degli strumenti di ma-

gistero e dottorato. L’area di reclutamento andò potenzialmente esten-

dendosi fin da quando Amedeo VIII nel 1424 aveva tentato di render-

ne obbligatoria la frequenza a tutti i giovani del ducato intenzionati ad

intraprendere gli studi superiori, confermando agli universitari gli anti-

chi privilegi ed assicurando inoltre particolare protezione ai forestieri

che vi si fossero trasferiti. Nonostante l’auspicio di creare un centro di

studi di richiamo «internazionale», secondo un

topos

ricorrente nella

pubblicistica universitaria coeva

39

, l’obiettivo primario consisteva nel

fornire una risposta alla domanda di cultura della realtà politico-terri-

toriale facente capo alla dominazione sabauda. Pare tuttavia che in epo-

ca più tarda, soprattutto tra gli ultimi anni del Quattrocento e i primi

del secolo successivo, l’ambito di attrazione fosse divenuto più ampio,

richiamando anche un certo numero di studenti stranieri (francesi, in-

glesi, tedeschi, spagnoli)

40

, quantunque non sia ancora documentata l’ag-

gregazione degli

scholares

secondo la nazione di provenienza, come ac-

cadeva invece in altre città. Forse l’università di Torino funzionava al-

lora per gli stranieri (francesi e inglesi soprattutto) come prima tappa

verso altre sedi italiane, di ben diversa fama ed utilità ai fini dell’atti-

vità professionale. Per taluni essa poteva addirittura rappresentare l’oc-

casione per ottenere più facilmente e rapidamente i gradi, anche com-

pletando un ciclo di studi compiuto altrove: non a caso Erasmo da Rot-

terdam vi conseguì il dottorato in teologia il 4 settembre 1506, pur senza

avervi frequentato regolarmente i corsi

41

. A tale proposito occorrereb-

be però verificare, per esempio, se le spese da affrontare per consegui-

39

Cfr.

frova

,

Le istituzioni scolastiche

cit., in particolare pp. 278-79.

40

vallauri

,

Storia delle Università degli Studi del Piemonte

cit., pp. 126-27.

41

Si veda in proposito

m. chiaudano

,

Il testo della laurea di Erasmo da Rotterdam

, in

f. pa-

tetta

,

m. chiaudano, a. lange, m. amietta dellacorna

e

f. fisicaro vercelli

,

L’Università di

Torino nei secoli

xv

e

xvii

, Torino 1972, pp. 457-65;

l. firpo

,

La laurea torinese di Erasmo da Rot-

terdam

, in «Torino», settembre-ottobre 1966, pp. 25-28;

id

.,

Erasmo da Rotterdam a Torino

, in

«Studi Piemontesi»,

x

/2 (1981), pp. 239-56.