Table of Contents Table of Contents
Previous Page  611 / 852 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 611 / 852 Next Page
Page Background

re i titoli a Torino fossero in generale più contenute che altrove; non va

comunque dimenticato che alcune tra le università più importanti nel

frattempo avevano istituito il numero chiuso delle lauree in teologia

42

.

Gli stessi professori, dei quali resta peraltro da studiare in modo ca-

pillare l’area di reclutamento, erano forse prevalentemente di prove-

nienza locale o al più regionale. Quantunque nelle disposizioni ducali del

1436 si dichiarasse l’intento di voler garantire la presenza di

doctores fa-

mosi

, i docenti dello Studio torinese non sembrano in genere di alto pro-

filo culturale, tanto che solo di rado riuscivano ad emergere nel panora-

ma intellettuale del tempo. Tuttavia alcuni di loro ottennero un certo

successo professionale e qualche riscontro scientifico, anche al di fuori

dell’ambito sabaudo-piemontese: basterà ricordare i giuristi Ambrogio

Vignate e Pietro Cara o i medici Pantaleone da Confienza e Pietro

de

Monte

da Bairo, autori di opere che ebbero una discreta circolazione. Del

resto, se in linea di principio l’assegnazione delle cattedre avrebbe do-

vuto dipendere in primo luogo dalla buona reputazione dei docenti, ta-

lora le nomine – di fatto controllate dal duca – erano oggetto di mano-

vre di varia natura: la scelta era spesso condizionata da ragioni di carat-

tere extrascientifico, in primo luogo dalle relazioni con l’ambiente di

corte. Nondimeno, a partire dal primo Cinquecento, incominciano ad

apparire chiari indizi di una politica di reclutamento del corpo docente

più attenta e meno provinciale, con missioni che potevano portare rap-

presentanti dello Studio in varie parti d’Italia per stabilire contatti con

qualche eminente studioso cui affidare una cattedra universitaria

43

.

Inoltre l’insegnamento torinese non si caratterizzava in alcun modo

né per l’impostazione didattica né per l’impegno scientifico: infatti l’or-

dinamento del nostro Studio, sin dalla sua istituzione, si era ispirato agli

statuti di quello pavese, che a loro volta – come i regolamenti di gran par-

te delle università italiane – erano impostati sul cosiddetto modello bo-

lognese, mentre la facoltà di teologia si ispirava chiaramente al modello

parigino. Lo stesso Ludovico d’Acaia nella sua prima «riforma» aveva

evocato l’esempio di altri

Studia

, non solo italiani. Neppure in seguito la

sede subalpina sarebbe riuscita ad imporsi nel panorama universitario,

non tanto per le difficoltà di ordine pratico legate alla carenza di strut-

ture (problema del resto comune da sempre alla maggior parte dei centri

La vita e le istituzioni culturali

605

42

bellone

,

Il primo secolo di vita

cit., p. 183.

43

Numerose notizie sull’attività dello Studio si trovano negli

Ordinati

, in cui sono raccolte le

delibere del consiglio di credenza. La serie, abbastanza completa, è conservata presso l’ASCT. Una

testimonianza relativa al finanziamento di un viaggio finalizzato a reperire un buon docente di di-

ritto si trova in ASCT,

Ordinati

, 97, f. 12

v

(verbale del 15 giugno 1518).