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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

universitari), ma soprattutto a causa dell’assenza di una solida tradizione

locale di insegnamento. Il corpo docente appariva poco interessato alle

più recenti acquisizioni culturali, sia in campo giuridico, sia in ambito me-

dico e lo stesso insegnamento teologico, con il suo indirizzo essenzial-

mente pastorale, rimaneva estraneo ai dibattiti speculativi sulle questio-

ni dottrinali che a quel tempo interessavano il mondo degli specialisti

44

.

Tra medioevo ed età moderna Torino non solo non si distinse mai

come centro intellettuale

45

, rimanendo ai margini dei grandi circuiti in-

ternazionali della cultura, ma addirittura dovette fare i conti con la pre-

ferenza che molti sudditi del ducato continuarono ad accordare a sedi

ben più prestigiose: ad un primo esame sembra infatti persistere una lar-

ga mobilità degli studenti piemontesi, la cui presenza è continuamente

attestata presso molte università dell’Italia centro-settentrionale e d’ol-

tralpe, quali Bologna, Padova, Pavia, Tolosa e altre, a dispetto dei di-

vieti ducali invano reiterati

46

. Non era infrequente il fenomeno dei tra-

sferimenti di scolari già iscritti all’università di Torino verso altre sedi

e persino i figli del duca, che negli anni Sessanta del Quattrocento vi

frequentavano i corsi di diritto, minacciarono di ritirarsi, obbligando

così gli organismi di governo cittadino a prendere l’iniziativa di stan-

ziare un sussidio per trattenerli, in considerazione del prestigio correla-

to alla loro permanenza

47

.

Lo Stud i o e i l mondo c i t t ad i no .

La presenza dello Studio procurava alla città non solo prestigio, ma

anche evidenti vantaggi sul piano economico (canoni di affitto, consu-

mi degli studenti e dei loro servitori, commercio di libri); essa com-

portava però – come sappiamo – un gravoso onere finanziario, oltre a

complessi problemi di convivenza sociale e di ordine pubblico

48

. Le prin-

44

bellone

,

Il primo secolo di vita

cit., p. 141; in particolare per le motivazioni della scarsa par-

tecipazione dei docenti torinesi al «movimento di rinascita degli studi, massime d’anatomia, che

era così cospicuo nelle università italiane di quel tempo», si veda

p

.

giacosa

,

La medicina in Pie-

monte nel secolo

xvi

, in

Studi pubblicati dalla Regia Università di Torino nel IV centenario della na-

scita di Emanuele Filiberto

, Torino 1928, pp. 105-7.

45

Cfr.

h. rashdall

,

The Universities of Europe in the Middle Ages

, nuova ed. a cura di F. M.

Powicke e A. B. Emden, II, Oxford 1936, p. 57.

46

naso

,

Medici e strutture sanitarie

cit., pp. 47-48.

47

bellone

,

Il primo secolo di vita

cit., pp. 79-80.

48

Sui problemi di varia natura, che la presenza degli scolari comportava nei centri universi-

tari in età medievale, basterà rinviare ad

a. i. pini

,

«Auri argentique talenta huc ferimus dites»: i

risvolti economici della presenza universitaria nella città medievale

, in

L’Università di Vercelli nel

Medioevo

(Atti del II Congresso storico vercellese, Vercelli 23-25 ottobre 1992), Vercelli 1994,

pp. 205-25 e la bibliografia citata nell’apparato delle note corrispondenti.