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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

Se dunque Filippo d’Acaia sente il bisogno di ampliare in modo con-

sistente il castello di Porta Fibellona non è per ragioni di sicurezza ma

probabilmente solo per ovviare alla sua vetustà e alla scarsa capienza, sia

come sede amministrativa sia come luogo per alloggiare in modo deco-

roso gli ospiti di passaggio.

Forse soltanto incidentalmente i vasti lavori di demolizione intra-

presi per il reperimento del materiale di spoglio, da utilizzare nel futu-

ro edificio, acquistano un significato di pesante ingerenza sulle difese

urbane esistenti. È verisimile che la decisione presa da Filippo nel 1317

sia avvenuta con la preventiva approvazione del comune: il consiglio –

che deliberava in presenza dei rappresentanti del signore – era infatti

chiamato a decidere tanto sulla manutenzione delle mura e delle forti-

ficazioni, quanto sulle misure difensive da attuare nei momenti di peri-

colo collettivo

88

. Mancando in merito ogni documentazione esplicita,

soltanto i conti delle spese allora affrontate dal principe consentono for-

se di rilevare in negativo, attraverso ciò che i cittadini non fanno, il lo-

ro atteggiamento nei confronti dell’iniziativa.

Il 17 ottobre 1317 36 carri «de Taurino» forniscono gratuitamente i

mezzi per trasportare le travi «ad opus turris», necessarie cioè per la ri-

parazione di una delle antiche torri della porta romana, ma il 17 agosto

successivo, quando altri 18 carri e altrettante paia di buoi «de Taurino»

trasportano travi per i solai delle torri nuove, essi vengono regolarmente

retribuiti. Si tratta peraltro degli unici due casi in cui si fa ricorso a mez-

zi forniti dalla popolazione cittadina, mentre per le numerose necessità di

trasporto che si verificano in seguito, si ricorre a

roide

(ossia a prestazio-

ni di carreggio gratuito) fornite dalle comunità di San Mauro, Beinasco,

Drosso, Grugliasco, Collegno, Pianezza, Alpignano, cui si aggiungono poi

Borgaro, Altessano, Carignano, Gassino, Settimo e Volpiano; si ricorre

infine solo più a servizi pagati, ivi compresi quelli prestati dalle abbazie

di Casanova, Staffarda, San Mauro e dagli Umiliati di Moncalieri

89

.

Per quanto ai lavori partecipino operai locali

90

, Torino in quanto co-

nel territorio di Fossano fra 1315 e 1335

, in

r. comba

e

a. a. settia

(a cura di),

Castelli. Storia e ar-

cheologia

, Torino 1984, pp. 229-39;

l. c. bollea

,

Storia di Bricherasio

, Torino 1928, pp. 181-84;

r. comba

,

Le villenove del principe. Consolidamento istituzionale e iniziative di popolamento fra i se-

coli

xiii

e

xiv

nel Piemonte sabaudo

, in

Piemonte medievale. Forme del potere e della società. Studi per

Giovanni Tabacco

, Torino 1985, pp. 123-41.

88

Cfr.

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., p. 22.

89

monetti

e

ressa

,

La costruzione del castello di Torino

cit., rispettivamente pp. 46, 103, 121-

122 (

roide

e

carreandi

torinesi retribuiti); 52, 62, 64, 68-69, 78-80, 82-84, 88-89, 93, 97, 103, 117,

128, 132, 134, 137, 162-64 (

roide

e servizi retribuiti forniti da altri).

90

Ibid.

: cittadini torinesi impiegati a lungo come lavoranti retribuiti sono certamente i quat-

tro che non lavorano dal 19 al 22 marzo 1318 perché mobilitati nell’esercito (p. 71); è torinese il

magister

Enrico (p. 160) e altri che vendono legname (pp. 103, 129) e un ronzino (p. 51).