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munità, non è presente né con materiali né con manodopera; il legname

necessario, che non provenga dalla montagna, viene tagliato nei boschi

delle abbazie di San Mauro e di Fruttuaria, dei signori di Settimo, di

Leinì, di Volpiano e del vescovo. Le stesse misure adottate per calcola-

re le opere murarie

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sono quelle in uso a Chieri e a Moncalieri e non a

Torino. La cittadinanza – si direbbe – rimane immota e indifferente sen-

za partecipare né materialmente né emotivamente, ma senza nemmeno

manifestare opposizione; e l’inazione e l’indifferenza persistono anche

quando la raccolta dei materiali giunge a danneggiare gravemente le por-

te e le mura della città.

L’attività di spoglio ebbe inizio nell’ottobre del 1317, alcuni mesi pri-

ma che venisse firmato il «capitolato» per i lavori di costruzione, e pro-

seguì sino all’agosto dell’anno dopo. Forse non fu un caso che ne fosse

interessata per prima proprio la zona di Porta Segusina, l’edificio, cioè,

specificamente menzionato nel documento del 1295. Cominciano alla

chetichella due uomini lavorando un paio di giorni «ad gavandum lapi-

des ad portam Secuxinam», l’attività continua mediante piccole squadre

composte da due a sei manovali che per più giorni, in quel mese stesso e

poi dal novembre al marzo del 1318, estraggono pietre e mattoni, tra-

sportati e ammassati a Porta Fibellona. Gli scavi si svolgono per lo più

«ad portam Secuxinam» estendendosi poi «foris portam Secuxinam» e

«in fossato porte Secuxine», ossia alle immediate adiacenze della porta,

per attaccarsi infine ai «lapides de muris porte Secuxine»

92

.

Dal 3 gennaio 1318 i lavori interessano la Porta Marmorea prose-

guendo saltuariamente sino ad agosto. Anche qui si opera per piccoli

gruppi, ma ai manovali si aggiungono presto alcuni

magistri

poiché dal-

la semplice raccolta si passa rapidamente a una vera e propria attività di

demolizione. È da dire che l’edificio della porta romana appare in ab-

bandono e quasi sepolto dalle immondizie: un uomo deve infatti lavo-

rare un giorno intero per liberare il luogo da paglia, fango «et turpia que

ibi erant», dopo di che entrano in azione tre mastri da muro impegnati

a distruggere la volta della porta per trarne a più riprese i «grossos lapi-

des que ibi erant», sostituendoli con travi che finiscono per infrangersi

nel corso dei lavori. L’opera di spoglio si estende quindi al muro sui due

lati della porta in modo così radicale che nel mese di luglio sarà neces-

sario provvedere alla riparazione del «muro di Porta Marmorea, il qua-

le era rotto» poiché «ne erano state tolte le pietre grosse». I guasti pro-

La città e il suo territorio

41

91

Ibid.

, rispettivamente pp. 115-28, 123 (bosco del vescovo di Torino), 59 (misure). Vi sono,

per contro, persone che donano legname (p. 117).

92

Ibid.

, pp. 51-55, 57-58, 62-64, 70-72.