

pilonum de Petra». Da gennaio a maggio numerosi massi squadrati fu-
rono tratti dal ponte, dai pilastri e dalle loro basi per essere utilizzati
nelle fondamenta delle nuove torri del castello
96
.
Altrettanto sistematicamente vennero distrutti, fra il 5 dicembre
1317 e il 6 agosto successivo, i muri delle costruzioni che sorgevano ac-
canto alla chiesa di San Severo presso la stessa Porta Fibellona, già ap-
partenente ai Templari e sequestrata in seguito alla soppressione dell’or-
dine di pochi anni prima: da essi vengono estratti solo
lapides
, traspor-
tati direttamente sul posto di reimpiego mediante portantina
97
.
I lavori di demolizione, svolti nel silenzio, se non nell’indifferenza
della popolazione, assumono in generale un significato molto forte nel
far sentire il peso dei poteri detenuti dal signore sulla città. Egli eserci-
ta il diritto di spoglio non solo nei confronti delle strutture antiche fuo-
ri uso, come il ponte «di pietra» sulla Dora, e sugli immobili ecclesia-
stici requisiti all’ordine del Tempio, ma per la prima volta dai tempi lon-
tani del vescovo Carlo – per quanto noi possiamo sapere – il principe
d’Acaia mostra in modo concreto di essere inequivocabilmente padro-
ne di quelle «domus publice» disposte sul percorso murario cittadino;
egli può demolirle a proprio piacimento menomando seriamente l’effi-
cienza delle difese urbane senza che alcuno osi ribellarsi al suo inter-
vento.
Il comune scontò probabilmente la sua inerzia qualche decennio più
tardi quando, rifattasi pressante sulla città la minaccia congiunta degli
Angioini e del marchese di Monferrato, si dovette provvedere al restauro
delle porte e alla costruzione
ex novo
di una torre a Porta Susina
98
.
Il diritto del signore a disporre delle fortificazioni pubbliche trova
riscontro in una perentoria rubrica degli statuti cittadini del 1360 che
commina la pena di morte contro «chi occuperà e munirà una torre o
una porta delle mura di Torino e la difenderà contro il giudice o il ret-
tore»: tale disposizione, assai probabilmente nata per reprimere la vio-
lenza delle fazioni che – come avveniva in altre città – non esitavano a
servirsi delle fortificazioni pubbliche nelle loro lotte private, assume
qui il tono di un pesante ammonimento contro eventuali tentativi di
sovvertire il regime signorile. La pena di morte verrà infatti puntual-
La città e il suo territorio
43
96
monetti
e
ressa
,
La costruzione del castello di Torino
cit., rispettivamente pp. 72 (Nuova),
63-70, 73-74, 80 (ponte della Maddalena); su di esso cfr.
settia
,
Fisionomia urbanistica
cit., p. 818
(testo corrispondente alla nota 95).
97
monetti
e
ressa
,
La costruzione del castello di Torino
cit., pp. 53, 91-94, 98-99; sulla chie-
sa
ibid.
, Introduzione, pp. 11, 34 (nota 51).
98
Cfr.
gabotto
,
Storia del Piemonte
cit., pp. 150-51, 199, 202.