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anche i prigionieri detenuti nei piani bassi delle torri. Non si scorge, per

contro, alcun palese rapporto fra la costosa impresa affrontata dal prin-

cipe e il rafforzamento del suo potere sulla città: nel novembre del 1319,

proprio mentre fervevano i lavori, si rinnovarono le risse tra le «partes

Taurini»; uccisioni e ripetuti incidenti sanguinosi avvennero nel 1324

e nel 1329, e benché, dopo il fallimento della congiura del 1334, la re-

pressione signorile riuscisse a imporsi senza più ricorrere a mediazioni

tra le parti, violenze e rivalità continuarono per tutto il Trecento

112

.

D’altro canto la disponibilità di locali più ampi e confortevoli non

pose fine ai problemi provocati dalla necessità di alloggiare degnamen-

te gli ospiti in transito, specialmente se essi erano accompagnati da un

seguito non ordinario: nel 1333, in occasione del passaggio di Giovan-

ni di Boemia, se il re poté trovare conveniente sistemazione nel castel-

lo, i numerosi gentiluomini della scorta – come già avveniva in passato

– dovettero rivolgersi alle case del vescovo, agli istituti religiosi e agli

alberghi della città

113

.

Problemi simili si ripropongono, verisimilmente, ogni volta in cui si

fermano a Torino personaggi illustri: nel 1382 la promessa sposa di Ber-

nabò Visconti, nel 1389 il duca di Borbone e nel 1395 Inguerrand de

Coucy, senza contare che Luigi d’Angiò nel 1383 e i duchi di Borgogna

e di Turenna nel 1391, pur ricevuti con onore a Torino, scelgono poi di

soggiornare in Chieri. Come si vede, si tratta per lo più di persone di-

rette altrove, ma nel corso del Trecento in almeno due solenni occasio-

ni, la città e il suo castello costituirono la meta ultima e la sede specifi-

ca di manifestazioni ivi indette: nel 1348 vi fu celebrato il matrimonio

tra Galeazzo Visconti e Bianca di Savoia, e nel 1381 Amedeo VII vi ne-

goziò la pace tra Genova e Venezia, avvenimento quest’ultimo di riso-

nanza internazionale che diede luogo ad una imponente mobilitazione

di risorse investite non solo per il prestigio del signore, ma anche in vi-

sta di «ricadute» economiche.

Non ebbe, al contrario, bisogno di molto spazio il soggiorno del mar-

chese di Saluzzo Tommaso, catturato nel 1395 da Amedeo di Acaia nel-

la battaglia di Monasterolo e detenuto nel castello di Torino per oltre

due anni, sino a quando cioè non fu in grado di pagarsi un riscatto di

20 000 fiorini d’oro. E sarebbe stato proprio là, nella torre quadrata set-

tentrionale, che, per passare il tempo, egli avrebbe composto il suo poe-

La città e il suo territorio

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112

Rispettivamente:

gabotto

,

Asti e la politica sabauda

cit., pp. 368, 419;

barbero

,

Un’oli-

garchia urbana

cit., pp. 310-14.

113

datta

,

Storia dei principi

cit., p. 120, doc. 35 (18 gennaio 1333);

gherner

,

La frequenta-

zione del «Castrum Porte Phibellone»

cit., pp. 40-41.