

48
Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
ma intessuto di allegorie e di amori cortesi, cui diede il titolo di
Cheva-
lier errant
114
.
Per circa un secolo il castello non mutò la sua fisionomia. I lavori di
manutenzione di cui ci è giunta notizia si occupano spesso, com’è natu-
rale, del rinnovo delle parti lignee e delle coperture delle torri e talvol-
ta degli edifici di servizio
115
; almeno per un paio di volte, a distanza di
decenni, è però possibile ricavare dai conti di spesa un approssimativo
quadro dei locali che costituivano il complesso castellano e riconoscere
in essi alcune delle strutture originarie, distinte da quelle costruite al
tempo di Filippo I d’Acaia.
Nel 1338 sulla fronte verso la città si registra innanzitutto, accanto
alle torri romane, la presenza delle torri quadrate, una delle quali ospi-
ta al pianterreno la cucina; vicino ad essa si trova il
peilo
, ossia la stan-
za con la stufa. Al primo piano, sopra la cucina, era stato ricavato l’uf-
ficio del vicario; la «sala grande» con otto finestre, esistente allo stes-
so livello, è probabilmente da riconoscere nell’antica «sala maggiore»,
già riparata nel 1314; accanto ad essa si ricorda la «camera nuova del
principe», evidentemente la stessa che fu coperta nell’agosto del 1319
con le travi di abete «lunghe sei tese meno un piede» (cioè circa 10 me-
tri) appositamente acquistate a Coazze. La camera era munita di
lobia
nella quale è verisimile identificare i «balconi» costruiti nel 1318. Tut-
ti i locali nominati esistevano ancora, poco mutati, nell’ultimo decen-
nio del secolo
116
.
L’innovazione più evidente di quegli anni avvenne fuori della for-
tezza, verso la città, dove nel 1350 il principe acquistò e fece abbatte-
re non meno di 24 case private creando così un «derochatum castri»
destinato a diventare la piazza del castello: questa certo era un fatto
compiuto il 26 aprile 1384 quando vi si poté correre una memorabile
giostra che vide personalmente impegnati i due fratelli d’Acaia e il con-
te di Savoia
117
.
114
Per tutti i personaggi ricordati nel testo ci rifacciamo ai dati forniti da
rondolino
,
Il ca-
stello
cit., pp. 34-38; per le incertezze sul luogo di composizione dello
Chevalier errant
cfr.
a. cor-
nagliotti
,
La leggenda di Aleramo ne «Le chevalier errant» di Tommaso III di Saluzzo
, in «Rivista
di storia, arte e archeologia per le province di Alessandria e di Asti»,
lxxxvii
(1968), pp. 61-62.
115
rondolino
,
Il castello
cit., pp. 4-7, ricorda riparazioni alle torri negli anni 1326, 1337, 1339,
1346; nel 1326 a cucina, scala, forno, panetteria, bottiglieria e latrine.
116
Ibid.
, p. 5; per la riparazione alla «sala maggiore» nel 1314 cfr. sopra, p. 34, testo corri-
spondente alla nota 78; per i riferimenti ai lavori del 1319 e del 1318:
monetti
e
ressa
,
La co-
struzione del castello di Torino
cit., rispettivamente pp. 124 e 160, 164-65, 186-87. Elenco di loca-
li negli anni finali del secolo in
rondolino
,
Il castello
cit., pp. 7-8.
117
Ibid.
, pp. 5 (demolizioni), 44 (giostra);
m. t. bonardi
,
Dai catasti al tessuto urbano
, in
com-
ba
e
roccia
(a cura di),
Torino fra Medioevo e Rinascimento
cit., pp. 80-81, 102-3.