

dal verde acceso al rosso borgognone, dall’azzurro all’indaco, ai bianchi
calce, le terre bruciate per le carni, i grigi per l’architettura luminosa. Il
tono del gotico, che alternava la malinconia sottile delle figurazioni fran-
co-fiamminghe, cresceva con una fisicità naturale, con attenzione ai
frammenti di vita slegati dalle convenzioni dell’iconografia ad uso del-
l’immaginario collettivo.
Su questa linea il nuovo fulcro visivo riusciva a coordinare l’insieme
e i particolari robusti, importanti al massimo per l’autografia e il suo li-
vello parlante: i capelli rilevati, le unghie, il gesto delle mani, eviden-
ziano una chironomia vitalistica che il cantiere e la bottega semplifi-
cheranno con passaggi riassuntivi, staccandosi dalla squisita sensibilità
jaqueriana, ma continuando con altrettanta chiarezza per la comunica-
zione visiva e la sua nuova dimensione.
È ancora il clima del realismo a sostenere il passaggio dall’affresco
agli stessi temi lavorati con la scultura, al pari autografa e sorprenden-
te. Si riconosce la specie propria di Jaquerio, che procede con un lin-
guaggio aperto, dal primo all’ultimo tempo, con punte riconoscibili a
Ranverso, dagli anni trenta al 1440-50. Un segno inconfondibile, mai
astraente, sempre coinvolto e convinto. Su questa strada la bottega riu-
scirà a modificare anche i paradigmi della decorazione, per i particolari
dell’architettura, delle lesene con foglie naturali, o ancora con i tondi a
monocromi, spazio luminoso per ritratti e profili naturali, chiaramente
individuati da Ranverso al castello di Fenis
243
.
Dopo il capitolo precoce legato al cantiere di Jaquerio, emerso a Chie-
ri con il ciclo caricaturato e teatrale delle
Storie della Passione
, affrescato
da Guglielmetto Fantini nel Battistero verso il 1430
244
, nel decennio 1460-
1470 le infiltrazioni jaqueriane passano nell’area del Cuneese, puntando
sulle iconografie escatologiche dell’
Inferno
e del
Paradiso
, nella cappella
di San Fiorenzo a Bastia Mondovì, procedendo a Morozzo, fino a Val-
grana e a Marmora, con una
biblia pauperum
ancora rivestita di toni ja-
queriani. Gli scambi con l’area savoiarda cedevano il passo a suggeri-
La vita e le istituzioni culturali
691
243
Per il castello di Fenis cfr.
e. aubert
,
La Vallée d’Aoste
, Paris 1860;
p. toesca
,
Pittura e
miniatura in Lombardia
, Torino 1912;
j. boson
,
Il Castello di Fenis
, Novara 1953; discussioni per
la partecipazione di Jaquerio al ciclo degli affreschi, in
cavallari murat
,
Considerazioni sulla pit-
tura piemontese
cit.;
gabrielli
,
Un dipinto su tavola
cit.;
brizio
,
La pittura in Piemonte
cit.;
mallè
,
Le arti figurative
cit.;
m
.
bernardi
,
I castelli del Piemonte
, Torino 1961;
griseri
,
Jaquerio e il reali-
smo gotico
cit.;
lange
,
I conti
cit.;
e. rossetti brezzi
,
Le vie del gotico in Valle d’Aosta
, in
g. ro-
mano
(a cura di),
Gotico in Piemonte
, Torino 1992, pp. 287-359.
244
La ricostruzione della cultura di Guglielmetto Fantini risale ad anni recenti, per cui cfr.
di
macco
e
romano
(a cura di),
Arte del Quattrocento a Chieri
cit., in particolare oltre la documenta-
zione presentata da
s. caselle
,
Notizie sul Battistero di Chieri e sui pittori chieresi
, pp. 98-104, il ca-
pitolo di
g. romano
,
Momenti del Quattrocento chierese
, pp. 11-22;
id
.,
sub voce
«Gugliemetto Fan-
tini», in DBI, XLIV.