

che per sì poco de comprarlo resta?
Sarebbe ben poltrone et idiotta
da darli bere ad una scarpa rotta!
In prosa viene spiegato
A li lettori
:
Ragionevole cossa è, gientil lettori, che le cose, quanto sono più degne, tan-
to più siano appreciate. Per il che, considerando noi di quanto honore et utile sia-
no le infrascritte tavole delli proverbi et sententie agli animi virtuosi, e pensato
il disaggio che sarebbe, a chi volesse farsi familiar de sopradetti proverbi et sen-
tentie, a portarli in tavole come prima erano impressi, per satisfar a li inamorati
delle virtù (non senza nostro grande fastidio) quelle grande tavole in questa pic-
cola forma (seguendo l’ordine dil alphabetto, come potrai vedere) habiamo tra-
dotte et ristampate, […] a ciò che dalla politeza invitati, in leggier questi detti
sententiosi, con li quali il vostro parlar arrichir potete, gli animi vostri più si di-
lettino, possendo sopra di voi, a modo d’un familiare officio, agiatamente por-
tarlo. Valete.
Quale sia il vantato «italiano» di questi proverbi e sentenze si può
ricavare da qualche citazione:
E.
x
El scortegarave un pedochio per haver la pelle.
[…]
El Bergamasco ha el parlar grosso e l’inzegno sotil.
F.
iii
Fe alla lombarda, che dove se cena se dorme.
H.
vi
Havete più del zenoese che del toscano, che volete far una torta con uno ovo.
In questa produzione popolare ritroviamo l’oscillante tipo linguisti-
co che, in alternanza funzionale al latino, emerge nell’operetta di inse-
gnamento scolastico che Stefano Fiesco da Soncino aveva composta de-
dicandola a un cittadino vicentino e che, con altri due trattati similari,
era stata data alle stampe nella nostra città cinquantaquattro anni pri-
ma. È il
Tractatus eloquentissimi viri domini Stephani Flisci de Soncino,
lingua materna et latina congruum, ut suis patet exemplis
, il quale fu «[…]
vigilantissime impressum in civitate Taurini per egregium magistrum
Johannem Fabri lingonensem de anno Domini
m.cccc.lxxx
primo, die
ii
octobris, regnante Illustrissimo Domino Philiberto, Sabaudie Duce
felicissimo»
321
. Ivi leggiamo:
c. 4
v
Quasi divinando la nostra amicizia futura, io me ho sempre sforzato di farte pia-
cere.
c. 5
r
I’ò legiuto le tue littere.
c. 7
v
Io te volio fare sapere quelle cose sonno avenute […].
In quale stato nui siamo, lo sapiereti per queste lettere […].
A pena ch’io abia possuto scrivere, essendo grandamente occupato.
c. 51
r
Io mutay dopoi opinione.
La vita e le istituzioni culturali
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IGI, n. 3896.