

ca apologetica dalla precedente violenza inquisitoriale e dalla polemica
controversistica erudita e discettatrice. Egli intendeva l’eresia valdese
non solo nel suo quadro dottrinale, ma anche come esito di un reticolo
di situazioni negative, sulle quali si doveva intervenire: la
rusticitas
del-
le popolazioni, la malavita del clero cattolico, la corruzione dei
domini
.
La conversione, secondo il Seyssel, era anche favorita dalla condivisio-
ne da parte cattolica del linguaggio e dei moduli argomentativi dei pro-
pri uditori: i passi più chiari e meno contesi dei sacri testi, gli esempi
tratti dall’esperienza quotidiana e dalla vita di Cristo. La missione fu
suggerita, se non voluta, da Francesco I e da Carlo II, perché, come os-
serva un questionario inquisitoriale, «primum error est quod soli Deo
obediendum et non regi vel alteri potestati»
101
.
Non si trattò, però, di crociate, ma di
peregrinationes
tra i monti per
fare delle
disputationes eruditae
, informate all’immediatezza del linguag-
gio dei destinatari (parroci, ecclesiastici e laici), e
piae
, cioè spirituali, all’in-
segna della pratica del modello di vita cristiana, personale e collettiva,
esposto nel
De triplici
e nella
Grant Monarchie
. Così il trattato dottrinale
più rilevante dell’
Adversus Valdenses
, cioè la discussione della loro eccle-
siologia ritenuta alle origini di ogni altro errore, richiama il disegno di so-
cietà ideale affidato al principe e al vescovo, di cui si è detto. La
pietas
delle
disputationes
seyselliane intendeva ricuperare il più tradizionale pro-
getto della
christianitas
, con l’abbattere l’errore e con l’accogliere gli er-
ranti. Nulla della tolleranza moderna, solo un atteggiamento nuovo, non
canonistico ed inquisitoriale ma pastorale, verso un mondo che, peraltro,
ancora veniva identificato con i «lupos, balbos, sues et aves», cioè i «ru-
di et illeterati», soprattutto i
barba
. Esemplari in questo senso le conver-
sioni di alcuni Valdesi nel giorno dell’ingresso del vescovo in diocesi e du-
rante la festa di San Giovanni del 1517: esse erano presentate come il
frutto della
caritas
del Seyssel e dell’Inquisitore nei loro confronti.
L’opera contro i Valdesi aveva interrotto un trattato
De divina pro-
videntia
, iniziato nel febbraio 1518 e nello stesso anno sottoposto al giu-
dizio di fra Francesco Lichetto, generale degli osservanti Francescani.
Nel febbraio del 1520, in viaggio verso Bordeaux per un capitolo gene-
rale dell’ordine, il frate sostò al Sacro Monte di Varallo Sesia e nel mar-
zo fu al convento di San Bernardino di Saluzzo per un capitolo provin-
ciale. Può darsi che in questi frangenti si fosse incontrato con il Seys-
sel, che conosceva il Francescano per il ruolo all’interno dell’ordine e
per gli studi filosofici e teologici su san Tommaso d’Aquino e su Duns
Le istituzioni ecclesiastiche e la vita religiosa
805
101
Si rimanda al manoscritto citato sopra, nota 93. Sulla «questione valdese» si veda, in que-
sto stesso capitolo,
g. g. merlo
,
La Chiesa e le chiese di Torino nel Quattrocento,
pp. 767-94.