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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
cio idilliaco di case, torri e campanili gotici, dinnanzi ai quali scorre un
fiume solcato da agili imbarcazioni, da cui si diparte, in primo piano, un
ramo pescosissimo, ricco finanche di enormi inverosimili aragoste. Tra
queste due interpretazioni estreme, entrambe connotate da
exageratio
im-
probabilmente subalpina, si colloca il disegno del solo perimetro bastio-
nato, tracciato con rigorosa precisione e inciso nel legno da autore igno-
to, che il matematico bresciano Nicolò Tartaglia accoglie tra le pagine
dei suoi
Quesiti et inventioni diverse
, impressi nel 1536 a Venezia per i ti-
pi di Venturino Ruffinello e riproposti in varie successive edizioni
5
.
Per mostrarsi libera dalle alterazioni della fantasia e dalla mortifica-
zione degli schematismi, Torino dovrà attendere il 1572, allorché l’oc-
chio attento e sperimentato dell’artista fiammingo Giovanni Carracha
consegnerà alle stampe, per mano dell’abile incisore Giovanni Criegher,
la bella, accurata pianta prospettica reimpressa nel 1577 per l’
Augusta
Taurinorum
di Filiberto Pingone
6
. Questa raffigurazione di Torino co-
stituirà per circa un secolo il prototipo di varie ulteriori rappresentazioni
di una ossessiva ripetitività: né la fortuna del modello sarà scalfita, sul
finire del Cinquecento, da un improvviso ritorno al fantastico, dovuto
all’estrosa invenzione di Martin De Vos per la mirabile serie dei Piane-
ti incisa da Johan Sadeler, che nel 1585 riproporrà come in un gioco in-
quietante una Torino irriconoscibile, confusa tra altre ventun città dif-
ficilmente identificabili
7
.
Ad una iconografia tarda, scarna, indefinita e indefinibile, incapace
di provocare l’ansia della conoscenza, che relega lungamente Torino nel
mondo astratto dell’immaginario senza fornire elementi concreti di con-
fronto, si contrappone una letteratura di poco più precoce, non abbon-
dante e non scevra dalle storture della soggettività, che permette tutta-
via di cogliere emozioni e reazioni suscitate da una città reale e viva. Os-
servatori forestieri e viaggiatori che nell’arco di un secolo transitano per
Torino avvertono i mutamenti della società e del paesaggio urbano e fis-
sano sulla carta e nella memoria l’immagine variamente percepita e tra-
sfigurata da lenti di vario colore e con sfumature diverse, costituite dal
personale bagaglio di cultura, conoscenze e sensibilità.
5
peyrot
,
Torino
cit., nn. 2, 3, 4, 7, 8, pp. 4-5. Tavola in
n. tartaglia
,
Quesiti et inventioni
diverse
, Venetia 1546, c. 70
r
.
6
peyrot
,
Torino
cit., nn. 9, 10, pp. 6-7. Seconda impressione in
ph
.
pingonii sabaudi
,
Au-
gusta Taurinorum
, Taurini 1577, p. 8.
7
peyrot
,
Torino
cit., n. 12, p. 9. Sulla rappresentazione della città si veda
j. le goff
,
L’im-
maginario urbano nell’Italia medievale
, in
Storia d’Italia
, Annali V,
Il paesaggio
, a cura di Cesare de
Seta, Torino 1982, pp. 13 sgg.