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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

trocentesca

10

, riedificata e migliorata, forse più bigotta ma certamente

più bella e più colta, «ne li tempi nostri è molto stata accresciuta de mo-

nasterii de varie religione et altri edificii degni de cittadini», godendo

della predilezione dei duchi, «li quali vi feciono principiare el Studio

publico in ogni facultà de scienza», la città si rivela «bonificata et fa-

vorita»: meravigliosamente («mirifice») arricchita di opere, di risorse e

di ingegni e dunque proiettata verso destini già scritti. I beneficiari di

tanta fortuna sono soprattutto quei nuovi abitanti, che appaiono al cro-

nista «molles et delicati»

11

, appartenenti per lo più al ceto signorile e

dunque «tyranni», assai frugali nel vitto, pur avendo «excepto che oleo,

gli loro paesi molto abondante de robba».

A meno di vent’anni dall’affresco delineato dal Bergomense, un paio

di frettolose relazioni di viaggio, che nel primo Cinquecento condensa-

no in poche righe impressioni superficiali e giudizi negativi inappellabi-

li, appaiono quanto meno singolari. L’anonimo viaggiatore lombardo di-

retto nel 1516 verso i paesi d’oltralpe, che incontra Torino sia lungo il

percorso di andata, sia al ritorno, al primo impatto annota nel diario

12

:

«Turino è citta grande come Pavia et he metropoli del Pe-di-montti et li

è il Senatto dil Duca de Savoya et li è uno studio, ma pocho bono, et ha

uno casteluttio non tropo fortte»; dunque riconosce la dignità politica

della città, ma minimizza il ruolo culturale dello «studio», ossia dell’uni-

versità – privilegio che Milano a quel tempo ancora non possiede –, igno-

rando forse le lauree ivi conferite tra altri, al già celebre Erasmo da Rot-

terdam, a vari giovani Francesi, Olandesi, Spagnoli e Inglesi, nonché ad

alcuni studenti ambrosiani

13

. In un ingeneroso confronto con il castello

sforzesco, la dimora fortezza degli Acaia gli appare inoltre assai modesta.

10

r. comba

,

La popolazione di Torino nella seconda metà del Trecento. Crisi e ricambio demo-

grafico

, in

Torino e i suoi Statuti nella seconda metà del Trecento

, Torino 1981, pp. 31-37;

id

.,

Lo

spazio vissuto

cit., p. 13.

11

La libera traduzione italiana rende erroneamente la frase «Thaurinenses omnes nostro se-

culo molles et delicati sunt et in victu plurimum frugales» con «li cittadini di quella sono molto

pomposi in tutte le cose al corpo necessarie».

12

Trascrizione e commento del manoscritto conservato nel British Museum di Londra, Add.

24. 180, sono di

g. gasca queirazza

,

Notizie di Piemonte nell’itinerario di un anonimo lombardo del

primo Cinquecento

, in «Studi Piemontesi»,

vi

(1977), pp. 390-93. Si veda inoltre

comba

,

Lo spa-

zio vissuto

cit., pp. 13, 39.

13

Rotullus Laureatorum in alma Academia Thaurinensi de tempore bone memorie illustrissimi et

reverendissimi domini Dominici de Mercurino Ecclesie Thaurinensis administratoris et alme Universi-

tatis cancellarii, videlicet ab anno Domini 1497 usque in annum 1512

(ASCT, Carte Sciolte, n. 583).

Nell’elenco, con studenti di varia provenienza e nazionalità è compreso Erasmo, laureato in teo-

logia il 4 settembre 1506 (c. 6

r

). Le lauree conferite a quindici studenti britannici tra gli anni 1503

e 1511 sono menzionate da

m. battilana

,

Viaggiatori di lingua inglese

, in

f. paloscia

(a cura di),

Il Piemonte dei grandi viaggiatori

, Roma 1991, p. 54. Si veda

d. quaglioni

,

La cultura giuridico-po-

litica fra Quattro e Cinquecento

, in questo stesso volume, pp. 628-43.