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di destrumentalizzazione generato dalle

stesse dimensioni dell'insieme e dal peso

dei singoli pezzi (a prescindere dalla loro

purezza e icasticità formale che fa di

ciascuno di essi una straordinaria scul–

tura) che non permetterà mai di giocare

su di essa una partita, e dalla magia delle

luci che investendo dal basso questi spez–

zoni cristallini

li

trasforma in presenze

inquietantemente evocative. Altri artisti

altre soluzioni. Tobey è forse quello che

meglio ha inteso la carica sacrale che il

vetro può conferire anche alle esperienze

di una avanguardia demistificatrice. Edu–

cato alla grafia estremo-orientale da lui

profondamente amata e studiata, cioè ap–

punto a una forma di linguaggio nata

dall'esperienza religiosa, egli ha com–

preso che la pasta di vetro è legata a una

tradizione « occidentale », cioè cristiana,

del tutto differente, il che non vuoI dire

incompatibile, con quella buddhistica che

egli traduceva in termini «laici» nelle

proprie pitture. Perciò non ha esitato ad

affrontare il volto del Cristo attraverso

una realizzazione, insieme iconica e sim–

bolica ove, per esempio, le striature pur-

«

Processione» di Arman: una composizione che sfrutta al massimo le possibilità inedite

offerte dalla materia inconsueta. Il gusto dell'assembramento

e della iterazione oggettuale raggiunge una persuasività quasi cordiale

nella rassegna dei violini, non capaci di rendere altra musica che quella silenziosa

dell'accordo e della moltiplicazione di una forma emblematica

puree che solcano l'impasto del nimbo

hanno insieme valore di allusione al san–

gue del Riscatto e di squisito contrap–

punto materico e cromatico alla perento–

rietà ieratica del volto come appunto è

proprio della tradizione delle icone.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare e

tutti confermerebbero come ogni artista

risulti insieme fedele al significato del

proprio arco di lavoro e capace di utiliz–

zare le possibilità inedite offerte dalla

materia inconsueta. Così Picasso riaffer–

ma la sua visione fortemente centripeta

e plastica, quel suo proporre una figura

umana o un animale in una sintesi di

volumi estremamente semplificata e ap–

punto per questo portata al limite di

una definizione conclusiva, emblematica.

Forse la dialettica di forma-colore, che

costituisce l'assillo profondo e uno dei

temi più drammatici della sua arte, rara–

mente ha trovato un equilibrio così liri–

camente rasserenato come in questi pezzi

vitrei. Persino le esperienze più recenti

e complesse di nuoVe forme linguistiche

assumono qui un carattere di serenità che,

senza scadere nella piacevolezza o nella

esteriore eleganza, elimina molte delle

esteriori asprezze che sconcertano tanto

spesso lo spettatore. Credo che saranno

parecchi coloro che, perplessi di fronte

alle cose recentemente viste di Arman,

si compiaceranno che il suo gusto dell'as–

sembramento e della iterazione ogget–

tuale possa raggiungere tanto persuasività

quasi cordiale in quella rassegna di violini

non capaci di render altra musica che

quella, silenziosa, dell'accordo e della mol–

teplicazione di una forma emblematica.

Le ragioni della cultura

Ma non si dovrebbe trascurare nessun

nome e nessun oggetto, ed è del resto

giusto lasciar al visitatore il piacere delle

scoperte individuali.

Ci

pare sia veramente il caso di augurare

che iniziative simili a questa offrano an–

che in seguito l'occasione di constatare

come a Torino le ragioni della cultura e

quelle delle attività organizzative ed eco-

nomiche che ne costituiscono il sup–

porto di fatto possano procedere senza

contrasti. Chi, per ragioni professionali,

ha occasione di parlare spesso di quanto

si fa in questa o in quella città, a questo

proposito, sa che intorno all'attività to–

rinese in questi campi vi è una stima

ed una aspettazione cordiale di cui spesso

sono proprio i torinesi gli ultimi a ren–

dersi pienamente conto. Questo, se testi–

monia ancora una volta della serietà del–

l'indole piemontese, del suo rifuggire da

forme di vanità e di autoreclamismo, può

diventare talvolta anche un pretesto a

sfiducia, a sopravvalutazione di quanto

si realizza altrove, a lasciarsi andare a

trasformar in senso passivo quella capa–

cità di autocritica che è di per sè un titolo

di nobiltà. Occorrerà reagire seguitando

sulla strada intrapresa per render atti–

va la vita culturale. Anche in vista di

questo risultato ci è parso opportuno

sottolineare un'iniziativa cui

il

consenso

cordiale del pubblico e della critica già

ha dimostrato quanto ne sia stata ricono–

sciuta l'importanza e il significato.

Albino Calvano

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