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PARTE II — DESCRIZIONE GEOLOGICA

dare spiegazione; le lastre di sabbie cementate o di croste calcari si

chiamano ordinariamente col nome di

mursi.

La potenza degli ammanti di

loessè

variabile dai 2 fino ai 10 metri, decrescente però dalle medie alle

maggiori elevazioni collinesche. Lo troviamo poi accentuarsi dai 300 ai

450 metri sul fianco delle nostre colline, essendo più in basso impuro,

più grossolano, commisto con depositi di rimaneggiamento più giovani

sabbiosi, ciottolosi, argillosi, e più in alto di minore sviluppo fortemente

mescolato con materiali grossolani. Il

loess

lo troviamo più specialmente

sul versante Sud e Sud Ovest collinesco ove la pendenza è minore, che

a Nord e Nord Ovest ove i valloni scendono, insieme col versante, più

precipitosi; lo troviamo poi più specialmente sui clinali tra vallone e

vallone a formare striscie limitate da tagli

a picco,

ciò sul versante ad

Ovest delle nostre colline, e ricolmante anche le vailette a Sud e Sud

Ovest, rimanendo però generalmente il fondo della valle inciso nei ter­

reni

miocenici

sottostanti al

loess.

Ci limitiamo a queste caratteristiche

di composizione mineralogica, colore, struttura, ubicazione del

loess

come sufficienti ad illuminarci sul modo e periodo di formazione di

esso; maggiori particolari sono contenuti nel bel lavoro del Sacco già

citato, rivolto peculiarmente al

loess

collinesco. Nè ci arresteremo a

discutere le varie ipotesi genetiche del

loess

messe avanti da molti

geologi, come insostenibili, almeno per rispetto a questa formazione delle

nostre colline; l’ ipotesi che noi enuncieremo è quale ci parve la più

naturale e consentanea ai fatti fin dai primi tempi in cui esploravamo

questa nostra regione, e questi tempi sono oramai lontani ; questa ipo­

tesi più volte enunciammo e nelle lezioni ed in conversari scientifici,

e dessa il Sacco trovò attendibile riferendola in seguito ai suoi studi

particolareggiati nel lavoro da lui pubblicato. Ci duole però che nel­

l’esame critico che esso fa delle varie ipotesi abbia riferita quella emessa

dal Gastaldi insieme col Martins in un bellissimo e classico lavoro del

1850, lavoro che rimarrà a pietra fondamentale della geologia

quater­

naria

piemontese; ci duole in quanto che sembra quasi che il Gastaldi

siasi mantenuto fermo in quella ipotesi, mentre invece quell’egregio

geologo recedette in sèguito dall’ opinione in prima emessa; se poi il

Gastaldi in un suo lavoro nel 1875:

Sulla giacitura del Cervus eurtj-

ceros

scrisse che il

loess

era per lui il più

problematico dei terreni

quaternarii

, si riferiva non tanto al concetto indeciso che avesse di sua

genesi, quanto alla complicazione che ne veniva dalla forte elevazione

di altitudine, alla quale si incontravano certi lembi di

loess,

quale quello

dell’Eremo sul culmine collinesco; del resto noi ricordiamo benissimo

come nelle conversazioni così istruttive che avemmo con quel carissimo

nostro maestro parlando della genesi del

loess

si rivelasse sempre in