

IL MI STERO DUN A BATTAGL IA DEC I S IVA
Antica Abbaila dalla Navalaaa
Morena, or per le marine di Cadice, Algesiras, Gibil
terra e Malaga; era un incanto vero e continuo ».
Eppoi a Baylen, a Cordova, a Siviglia sul Guadal
quivir «col suo
vapor,
che era cosa novissima allora
in Europa », sì che «que’ vivi ed allegri Andalusi ed
Andaluse ne impazzivano nelle canzoni e dandone il
nome alle mode femminili stesse ».
Possiamo, quindi, stabilire con tutta certezza che
l ’anonimo personaggio del
Panorama militare delle
A lp i Piemontesi viste da Superga
(pubblicato solo
nel '51 su «Il Risorgimento », eppoi raccolto in
appendice all’edizione di G. Stefani delle
Novelle
balbiane,
ch’è del '54) sia stato il duca di Montmo-
rency de Lavai, ambasciatore di Francia alla corte
di Ferdinando VII.
* * *
Dall’alto piazzale lo sguardo de’ Nostri corre al
solenne scenario de’ monti, a partire dai gioghi di
Dego, Montenotte, Millesimo, ove sorse l’astro di
Napoleone, e da Cosséria fulgida dell’eroismo spar
tano di Del Carretto, ai monti sul Nizzardo dei
quattr’anni — dal "93 al '96 — della resistenza pie
montese a Massena e ad Angereau con la gloriosa
fazione al Colle di Raus, e via via sino al punto in
cui Balbo addita, sul fronte occidentale, al duca di
Lavai:
—
Guardate dritto dinanzi a voi quella grande
apertura delle Alpi, non più una spaccatura o fessura
come l’altre, ma anzi come una gran tromba che par
fatta apposta per li passaggi d’eserciti d ’Italia in
Francia.
E spiega: — È la valle o, come diciam noi, la
Comba di Susa, d ’onde scende la Dora Riparia nel
Po — ; commentando amaro: — Disgraziatamente
per noi, il numero delle invasioni d’Italia a Francia
fu minore assai che non quello
di Francia a Italia.
Là, proprio a quell’incisione
fatale dell’appassionato recrimi
nar di Balbo, s’era pur volto un
altro de’ nostri maggiori, pensoso
del divenire d ’Italia, chè proprio
a tal punto intendeva necessario
richiamare la coscienza dei con
nazionali, di là essendo proce
duta, per un remoto oscuro av
venimento, la tragica sventura
della jiatria servitù: diciamo di
Alessandro Manzoni, che, rimpa
triato definitivamente di Francia
con l’animo maturo attraverso il
lungo processo di revisione critica
e di conversione morale, s’accinge
a una nuova opera d’arte,
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u. avente per campo dazione,
in parte, lo sbocco di Val di Susa.
Basti, qui, ricordare lo studio
preparatorio da cui lo Scrittore
era stato tratto, nel ’2o, a elaborare una serie di
considerazioni che formeranno il
Discorso sopra
alcuni punti della storia longobarda,
sincrono al
primo abbozzo della tragedia.
Con
VAdelchi
e il
Discorso,
pubblicati nel
'22,
l’ammonimento del Foscolo richiamante gli Italiani
allo studio della storia si attuava alfine in modo
duplice, scientifico e artistico a un tempo, vicende
vole nell’intento di ravvivar lo spirito pubblico, ri
chiamandolo a quella parte finora negletta delle for
tune secolari della patria.
Indubbiamente da questi lavori del Manzoni, che
in Piemonte destavano particolare interesse tra le
persone colte, Cesare Balbo dovè tórre stimolo a
metter mano a una storia generale d ’Italia, di cui
sempre più largamente veniva sentita la necessità.
La celebrazione, infatti, de’ patrii fasti e nefasti
avrebbe portato gli Italiani a sormontare i particola
rismi formatisi con le secolari divisioni e a ricono
scersi d ’un’unica gente.
Nel '25, Balbo avea già pronto il disegno duna
Storia d ’Italia dal
476
al 1789,
e l ’anno dopo ne
dedicava al proprio padre, presidente della R. Acca
demia delle Scienze, i primi due libri, pur non desti
nati a pubblicazione disgiunta dalle altre parti di
un’opera che dalla caduta dell’Impero Romano di
Occidente in tredici libri era per trattare delle vicende
nazionali sino alla Rivoluzione francese, riguardata
come inizio di storia contemporanea.
Accintosi così al grandioso quadro d’insieme del
nostro passato come studio di sviluppo d ’entità
nazionale, ebbe però a fermarsi a que’ soli due libri,
esponenti le cause prime della perduta unità politica
del Paese. Nè fu senza una ragione fatale che a tal
si riducesse, quando, nel '30, darà poi, col titolo di
Storia d’Italia sotto ai barberi,
proprio i due libri
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