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T w p l * d alla Gran Madri di D I*

In memoria d i M ario Gioda

Sotto gli auspici della Federazione dei Fasci di Combat­

timento di Torino, sono state celebrate, il 28 settembre,

nel decennale della morte di Mario Gioda, solenne onoranze

in memoria del fondatore del Fascismo torinese.

Autorità, Camicie nere e popolo hanno partecipato alle

commoventi manifestazioni.

Nel Tempio della Gran Madre di Dio, che custodisce le

spoglie gloriose dei Caduti in guerra è stata celebrata una

solenne funzione funebre. Dopo il rito si è formato un corteo

che si è diretto all'ospedale di S. Giovanni, dove è spirato

Mario Gioda. Quivi, dinnanzi alla lapide che ricorda la

degenza e la morte del fondatore del Fascismo torinese

è stata deposta una corona d'alloro, offerta dal Consiglio

d'amministrazione del Nosocomio.

Il

corteo ha poi raggiunto il Cimitero generale. Dinnanzi

alla tomba di Mario Gioda le autorità e le Camicie nere

hanno sostato in devoto raccoglimento ed hanno deposto

cinque corone: quella del Duce, quella del Direttorio Nazio­

nale del Partito, quella della Federazione dei Fasci di Com-

l>attimento, un'altra della Podesteria torinese, ed infine

quella delle Camicie nere. Fatto l'appello fascista dello

scomparso, il gruppo ha reso omaggio alle tombe dei Mar­

tiri Fascisti.

Al Teatro Vittorio Emanuele, Gino Rocca, compagno

di lavoro di Mario Gioda nel

Popolo d'Italia,

ha comme­

morato, alla sera, lo Scomparso. Gremitissimo in ogni set­

tore il teatro.

Gino Rocca, ascoltato con profondo raccoglimento,

ha iniziato il suo dire con una luminosa evocazione

dello spirito dell'eroica vigilia fascista. Quindi, rievocando

il triste giorno in cui, dieci anni or sono, la salma di Mario

Gioda raggiunse, fra il cordoglio di tutti i fascisti, la sua

i*strema dimora, ha detto che il tempo ormai passato fra

la sua vita e l'ora presente può essere annoverato in attimi

come in secoli, dato che il senso di una eternità fascista è

uggì nella nostra coscienza. 1 Quando sentiamo che una

cosa è giusta, questa cosa è giusta sino alla morte

a.

Queste

parole di Mario Gioda sono state ripetute dall'oratore, che

ha lumeggiato la fede costante e l'ascetico spirito dello

scomparso che <sparì quando l'ultima trincea era crollata

ed Egli si era guadagnato l'emblema del condottiero

a.

Gino Rocca ha quindi rievocato le ultime ore di vita di

Mario Gioda: cronaca diventata storia; ha ripetuto le sue

ultime parole, il suo estremo saluto al Duce e ha concluso:

« Nel suo nome purissimo e per quella magnifica fede, came­

rati torinesi, io vi invito a compiere, con un urlo guerriero,

l'ultimo desiderio del vostro e nostro Mario Gioda: Saluto

al Duce!

a.

Un altissimo travolgente grido ha risposto alle sue parole

mentre, fra applausi e alalà altissimi si rinnovavano vibranti

dimostrazioni al Duce, all'Italia fascista, ai camerati caduti,

ma presenti. Dopo la commemorazione le autorità, le Ca­

micie nere e il popolo, preceduti dai gagliardetti, si sono

recati in pio pellegrinaggio in via Des Ambrois, sostando

in raccoglimento davanti alla casa che ospitò per lunghi

anni Mario Gioda.

Alla vigilia del doloroso decennale, il Podestà quale

omaggio e ricordo della cittadinanza, alla memoria del fon­

datore del Fascio di Combattimento di Torino, assumeva la

seguente deliberazione, con la quale viene intitolata al

nome di Mario Gioda la v ia Ospedale, dove in una corsia

del vetusto nosocomio torinese Egli moriva il 27 set­

tembre 1924.

Ecco il testo delia deliberazione:

« Il giorno 28 settembre p. v. si compie il primo decennio

della morte di Mario Gioda, la purissima Camicia Nera

che tutto alla Patria diede senza mai chiedere.

Camerata della primissima ora, creatore del Fascio

Torinese. Fascista di fede intatta e tenace, fortissima anima

italiana che tutta la propria vita dedicò con infinito amore

alla Patria è sempre più che mai vivo alla mente e nel cuore

dei Camerati Torinesi che ricordano in Lui l'apostolo ardente,

che nei momenti difficili del turbinoso dopo guerra

con gio­

vanile entusiasmo di gettava a corpo perduto

nella «aìfhia

per una causa di superiore giustizia, diventata

la cassa della

Nazione Italiana.

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