

L A P R IN C I P E S S A D I L A M B A L L E
era riuscito allo scopo. Occhi
protettori fissavano la prin
cipessa fra i giudici, alla
Comune, fra gli esecutori.
La Lamballe non avrebbe
dovuto perire. Essa fu tra
dotta, ultima tra i detenuti,
davanti al tribunale. Volu
tamente era stata rispar
miata nella giornata e nella
notte del 2 settembre per
chè il furore degli autori
della strage fosse, se non
placato, almeno mitigato
dai molti olocausti già av
venuti.
La Lamballe si trovava
rinchiusa, colla signora Na-
varre ed una delle sue ca
meriere, in una camera ele
vata delle carceri, ed aveva
sentito, per ben quaranta
ore, il clamore nel cortile,
il tumulto del popolo, i colpi
dei massacratori, le urla
strazianti dei feriti, i gemiti
dei morenti. Giunsero al suo
orecchio delle voci che gri
davano il suo nome. L ’infe
licissima era rimasta, per
tutto quel tempo, in an
goscia mortale, stesa sul
letto, in preda a continui
svenimenti, a sonni brevi
ed interrotti da convulsioni, quando di tratto in
tratto un fragore più alto la richiamava alla or
ribile realtà e a quanto accadeva sotto le sue
finestre. Verso la quattro due guardie nazionali en
travano nel camerotto e le imposero con simulata
asprezza di alzarsi e di seguirli all’Abbazia. La prin
cipessa, esausta e tremante, non potè che sollevarsi
rimanendo seduta e supplicò che la lasciassero
dov’era. Desidero, disse, morire
qui piuttosto che
altrove. Una delle guardie si chinò
su di
lei
e le sus
surrò: <Bisogna che scendiate
altrimenti
ne
va della
vostra
vita
». Così rassicurata,
fattasi coraggio e radu
nate
tutte
le sue forze,
la sventurata pregò i due uo
mini
di ritirarsi per
un istante,
e
vestitasi con
una
certa prestezza lasciò la camera
e
discese
la scala
sorretta dai due soldati, che
sembravano interessarsi
premurosamente di lei.
Hebert e Lhuillier l'attendevano. Alla vista delle
sinistre figure dei giudici, di quella palese mostra di
delitto, dei carnefici colle braccia insanguinate, che
di tanto in tanto aprivano la porta della corte,
campo della strage, dove i prigionieri pattavano, per
essere massacrati, la misera perdette i sensi e cadde
tra le braccia della sua cameriera die la seguiva.
Rinvenne lentamente e si diede principio all'inteno-
gatorio:
— Come vi chiamate?
— Maria Luigia di Sa
voja Carignano principessa
di Lamballe.
— Quale carica avevate
a Corte?
— Ero sovraintendente
alla casa della regina.
— Conoscete le trame
che si ordivano alle Tui-
leries contro la nazione?
— Non so di alcuna
trama.
— Giurate di amare l'u
guaglianza e la libertà e di
odiare il re e la regina.
— Volentieri giuro di
amare la libertà e l ’ugua
glianza ma non possogiurare
odio al re ed alla regina
perchè ciò non è nel mio
cuore.
Uno dei giudici le disse
sottovoce: «Giurate o siete
perduta ».
La principessa
>sò il
capo e rimase silenziosa.
Il presidente le impose:
«Ebbene uscite e quando
sarete sulla porta gridate
forte: viva la nazione».
Uno dei capi della ma
snada, certo Truchon, so
prannominato grosso Nicola,
la condusse verso la porta sostenendola per il braccio
insieme ad uno dei suoi accoliti.
La sventurata apparve sulla soglia e con un gesto di
terrore indietreggiò quando scorse nel cortile il cumulo
dei cadaveri mutilati. Dimentica dell’evviva che l ’a
vrebbe salvata la principessa gridò: «Dio, che orrore».
Truchon le mise una mano sulla bocca e la trascinò
facendola passare sui morti che ingombravano il passo.
Vi fu un istante di dubbio. Gli assassini, vedendo
apparire quella bellezza, a cui il sacrificio e la sven
tura davano quasi uno splendore angelico, la rimi,
rarono muti e sorpresi senza alzar colpi.
Poteva dirsi
in
salvo. Aveva
già
attraversato la
strada quando un’anima demoniaca, il garzone par
rucchiere, Charlot, ubbriaco di vino e di sangue, voUe
per scherzo feroce togliere colla punta della sua picca
la cuffia dai capelli della principessa.
Ebbro com’era non colse giusto e sfiorò e Ieri la
fronte facendo zampillare fl sangue che, come ma
schera rossa, nascose il viso della poveretta. I mas
sacratori credettero che quel gesto indicasse che la
vittima doveva essere immolata e furiosi s precipi
tarono su lei. Il corteo die si apriva colla testa goc
ciolante sangue sulla picca riprese il suo cornano
attraverso le strade di Parigi e si fcmfr salto la
finestre del palazzo reale per mostrare and»
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