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L 'I N A U G U R A Z I O N E D I U N A L A P I D E I N M E M O R I A D I G. B . B E C C A R I A

stiziosi oppositori alla sua comparsa, specialmente

sulle chiese, fu appunto il Beccaria, seguito poi dal

Toaldo e dal Volta. Forse si deve al Beccaria se

l’opposizione al parafulmine fu in Italia meno acca­

nita e tenace; certo si deve alle sue persuasive e

decisive esperienze se la vinsero i parafulmini a punta

su quelli a palla, foggia questa per la quale parteg­

giavano gli inglesi, ritirandosi oramai nell’ultima

trincea della loro battaglia polemica.

«Ed eccoci alla poderosa impresa del

Gradus

Taurinensis,

che occupò parecchi anni della sua vita,

fra osservazioni e calcoli, pur non distogliendolo del

tutto dagli studi prediletti; qui il fisico, come già

ho detto, diventa topografo ed astronomo, pur riu­

scendo la prima di queste qualità preziosa alleata

delle altre due.

« Il Beccaria non era del resto nuovo alla teoria

ed alla pratica astronomica — altra prova della sua

mirabile versatilità — ; si sa infatti che diresse con

successo, per desiderio del Re, la costruzione di un

telescopio, col quale osservò, nel 1761, il passaggio

di Venere sul sole, un’eclisse di sole ed uno di luna.

«In seguito al suggerimento dell’insigne astro­

nomo e matematico dalmata Ruggero Boscovich,

il suo Re gli affidò l ’incarico di misurare un grado

di meridiano in Piemonte ed egli, con seria prepara­

zione e con uno studio meticoloso del programma di

lavoro e de’ suoi istrumenti, affrontò l’impresa.

Quale l’importanza di essa?

«Da Ere tostene (30 secolo a. C.) al Picard nel

1670, sino a cioè che si ritenne sferica la terra, deter­

minazioni siffatte miravano a dare la lunghezza della

circonferenza terrestre 0, se si vuole, ed è lo stesso,

il raggio di questa sfera.

«Eratostene l’aveva determinata osservando che a

Syene— la moderna Assouan— il sole il dì del solstizio

d’estate passava in meridiano allo «zenit », talché la

sua immagine si poteva veder riflessa dalla super­

ficie d’acqua di un pozzo profondo, mentre lo stesso

giorno ad Alessandria passava in meridiano a 7*1/5

a Sud dello “ zenit ,,; tale era adunque l’angolo che

i raggi terrestri dei due luoghi facevano fra loro,

tale cioè la differenza fra le due latitudini. Parago­

nando allora tale angolo colla distanza fra le due

città, di longitudine poco diversa, Eratostene dedusse

per la circonferenza della terra 46,250 Km. (250.000

stadi per Eratostene), con un errore adunque in

eccesso di 6200 Km. circa, cioè da 1/6 ad 1/7 dell’am­

montare totale.

«La precisione delle successive determinazioni

dell’arco di meridiano andò poi via via crescendo,

sino a quella accennata del Picard in Francia, sul­

l’arco Malvoisine-Amiens, il cui risultato, sempre

ed ancora nell’ipotesi della terra sferica, può dirsi

praticamente esatto.

«Ma quando, poco più tardi l’Huygens affermò

il principio della forza centrifuga, il Newton quello

della gravitazione, il modello sferico della terra non

poteva più reggere e si affacciava il problema della

forma della terra, risolto col modello dell’ellissoide

di rivoluzione intorno all’asse polare, ellissoide

schiacciato ai poli, vale a dire col diametro polare

più breve.

«È evidente che in tal caso l ’arco di meridiano di

un grado sarà minimo all’equatore e massimo ai poli.

«Così voleva la teoria, ma i due Cassini, Gian

Domenico da Perinaldo, passato da Bologna a Parigi

e fondatore di quell’Osservatorio, e suo figlio Gia­

como, che gli succedette nella direzione della specola,

sostennero invece che la terra doveva essere allun­

gata e non schiacciata ai poli.

«Furono allora decise dall’Accademia di Francia

verso il 1735 le famose spedizioni in Perù con La Con­

damine e Bouguer ed in Lapponia con Maupertuis

e Clairaut, per misurarvi un arco di meridiano,

mentre in Francia si ripeteva un’analoga misura.

«Per tal modo non solo si risolse il dubbio a

favore del Newton e dell’Huygens, cioè della teoria,

ma si potè dedurre, per la prima volta, insieme colle

dimensioni, la forma della terra, cioè di quanto fosse

schiacciata ai poli.

«Per caratterizzare dimensioni e forma della

terra secondo il nuovo modello dell'ellissoide di rivo­

luzione, non bastava più dare una lunghezza, cioè

la misura del semi-diametro unico dell’antica sfera,

ma occorreva dare due numeri, vale a dire le lun­

ghezze dei due semidiametri terrestri, massimo e

minimo, cioè l ’equatoriale ed il polare.

«Per quanto dagli archi del Perù e della Lap­

ponia risultasse un valore dello schiacciamento ter­

restre che a ragion veduta possiamo chiamare

ottimo, si capisce che per giungere a valori merite­

voli di fiducia dei dati cercati occorresse allora mol­

tiplicare le misure.

«Se ne compirono così dopo quelle ricordate,

all’Equatore sotto Filippo V di Spagna, fra Roma

e Rimini sotto Benedetto XIV dal Boscovich, in

Ungheria sotto Maria Teresa, ecc.

«In questo quadro, appena abbozzato, di vaste

operazioni geodetiche, provocate dalle scoperte del-

l’Huygens e del Newton, rientra adunque l’impresa

di G. B. Beccaria.

«Il criterio fondamentale della determinazione

è, come ho accennato incidentalmente sin da prin­

cipio, lo stesso di quello di Eratostene; alla differenza

fra le distanze zenitali del sole solstiziale valutata

da questi, il Beccaria sostituisce la misura, agli

estremi del suo arco, cioè ad Andrate e a Mondovì

(ed anche a Torino punto fondamentale) delle di­

stanze zenitali di molte stelle; al pozzo ed al gnomone

di Eratostene, il Beccaria contrappone un cannoc­

chiale astronomico ed un settore graduato, atto alla

misura degli angoli. Ed infine il geodeta piemontese,

in luogo di misurare effettivamente ma grossolana­

mente come Eratostene la lunghezza sul terreno

dell’arco studiato, misura colla massima precisione

consentita a’ suoi tempi, per mezzo delle sue tese,

la lunghezza di un tratto assai minore (1/11 circa),

cioè la base Tonno-Rivoli, dalla quale, misurando

poi con altrettanta cura gli angoli di una vasta