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L 'I N A U G U R A Z I O N E D I U N A L A P I D E I N M E M O R I A D I G. B . B E C C A R I A

triangolazione, coi vertici a Torino, Rivoli, Balan-

gero, Andrate, Mazzè, Superga, Sanfrè, Saluzzo e

Mondovì, deduce la lunghezza dell’arco di cui aveva

astronomicamente misurato l'ampiezza angolare.

«Uno dei pregi della lapide inaugurata e non

l’ultimo è proprio quello di dare, senza perdersi nelle

fantasie del simbolismo, uno schema chiaro dell’ope­

razione geodetica, tratto fedelmente dalle tavole del

Gradus Taurinensis.

«Essa è pure ricordata dalle piramidi erette assai

più tardi, nel 1808 a Torino in piazza Statuto e qui

a Rivoli, presso gli estremi della base, i quali alla

lor volta sono materializzati ciascuno da una placca

metaUica infìssa su di una pietra sepolta accanto alla

rispettiva piramide e di cui si conoscono distanza ed

orientamento rispetto a quella. Le due piramidi

portano un’inscrizione che dovrebbe illuminare il

pubblico: ma il latino non è il mezzo più pratico

d’informazione; la lapide oggi inaugurata è assai

più esplicita ed illuminerà a sua volta il mezzo mi­

stero delle piramidi.

«Alle operazioni faticosissime di campagna: mi­

sura della base, misure di angoli, osservazioni astro­

nomiche — le quali tutte, per quanto condivise fra

il 1760 e '64 col modesto e valente collaboratore

padre Domenico Canonica, danneggiarono seria­

mente la salute del Beccaria — seguirono lunghi e,

per altra guisa, faticosi calcoli, sicché solo nel 1774

fu pronta l ’ampia relazione latina intitolata

Gradus

Taurinensis,

colla descrizione delle operazioni stesse,

la parte più significativa delle osservazioni e dei

calcoli, i risultati.

«Risultati che, come ho già accennato, furono

a tutta prima addirittura sconcertanti, perchè conclu­

devano ad un’eccessiva lunghezza lineare del grado

di meridiano: l’eccesso si avvicinava al chilometro

e mezzo su 126 Km.! Sopravvennero perciò le cri­

tiche e i tentativi di revisione. Fra le prime citerò

quelle di un altro Cassini, figlio e nipote di quelli

soprannominati, che avrebbero preferito la terra

allungata ai poli e come quelli e come poi il fìgliuol

suo, direttore dell’Osservatorio di Parigi. Il Bec­

caria — del quale, fra parentesi, può dirsi che la

mitezza non fosse ima virtù caratteristica — non

stette zitto e rispose difendendosi alla meglio: nella

sua difesa però addusse con grande acutezza come

causa dello scarto dal risultato prevedibile l’attra­

zione delle montagne sul pendolo, com’egli scrisse,

o sul filo a piombo, diremo noi, che gli aveva servito

a fissare là direzione della verticale nelle misure

astronomiche compiute alle stazioni estreme del suo

arco. Gli effetti di queste attrazioni, cioè di queste

deviazioni della verticale era a presumersi che doves­

sero sommarsi nella influenza loro sul valore angolare

dell’arco misurato, perchè di segno opposto (attra­

zione da Nord all’estremo Nord, attrazione da Sud

all'estremo Sud).

«

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Beccaria aveva perfettamente ragione da

questo lato: ma sinché i suoi numeri, cioè gli angoli

e le lunghezze

da

hai misurate non fonerò stati con­

trollati, nemmeno la sua spiegazione si poteva con­

siderare provata.

«Dopo la morte di lui, il Laplace non potè tener

conto del suo

Gradus Taurinensis

per il grave scarto

ed il barone De Zach ne tentò la revisione; ma solo

mezzo secolo dopo la determinazione, doveva venire

la conferma quasi piena del risultato del Beccaria e,

tenuto conto de’ suoi mezzi strumentali meno per­

fetti, la piena conferma della sua spiegazione.

«All’insigne suo successore nella direzione dell’Os­

servatorio, al Plana, come è simpatico ed era giusto,

toccò l’onore, insieme a Francesco Carlini dell’Osser­

vatorio di Milano, di dare questa dimostrazione, nella

relazione di un altro poderoso complesso di opera­

zioni astronomico-geodetiche, intese a misurare un

arco di parallelo in Piemonte ed in Savoia.

«Le osservazioni si svolsero fra il 1821 ed il 1823,

nelle quali gli astronomi furono coadiuvati da uffi­

ciali piemontesi ed austriaci; la relazione è degli

anni 1825 e 1827.

«In quelle operazioni si rifecero le latitudini di

Torino, Andrate e Mondovì e, valendosi di ima

triangolazione francese del 1809, affatto indipen­

dente da quella del Beccaria, il valore del grado tori­

nese fu di bel nuovo dedotto. Senza entr

par­

ticolari dirò che l ’errore della misura anguuue del

Beccaria risultò dal confronto colla rideterminazione

Piana-Carlini di 13", compatibilissimi coll’imperfe­

zione del cannocchiale-settore usato nel 1760-64 e che

l'errore della misura della lunghezza dell’arco stesso

risultò di 21 metri sui 126 Km. già detti, mentre

non rilevante risultò Terrore di misura della base.

«Il Beccaria non aveva adunque, si può dire,

commesso errori superiori a quelli imputabili ai mo­

desti strumenti usati.

«Credo di non poter meglio chiudere il mio cenno

sul dibattuto

Gradus Taurinensis

che colle parole del­

l’introduzione del Plana e del Carlini alla relazione ci­

tata, riguardanti appunto l’opera geodetica del nostro:

«“ Sarebbe stato quasi impossibile, senza un caso

fortunato, far meglio cogli strumenti che egli aveva

a disposizione...

«“ Si accusava di forte errore la parte puramente

trigonometrica, ma è stato ora dimostrato che questa

parte è al contrario di quella che il Beccaria aveva

compiuto con molta cura. L'influenza dell'attra­

zione delle montagne si manifesta in questa parte

d’Italia in scala molto grande codi da porre fuor di

dubbio l’esistenza di questo imponente fenomeno...

«Quello che fu ritenuto errore dell’osservatore in

gran parte non è adunque che l'effetto ed il documento

della tormentata geologia piemontese, l’indizio di

una distribuzione non ancora abbastanza studiata

di masse, che perturbano e contorcono anche le

linee della carta magnetica di questa regione.

«La

poderosa opera geodetico-astrooomka del­

l’abate Beccaria corona adunque degnamente k sua

luminosa carriera di maestro e di scienziato e costi­

tuisce

un

nobile auspicio per l'Oaservatorio Astrono­

mico che con quell’opera e per quell’opera nasceva ».