

DUE
“FEDELISSIMISCAPACCINO E BERCIA
dele nei moti del 1821, ne volle ampliare le mansioni
affidandogli quelle di carattere politico che già aveva
lodevolmente disimpegnato nei primissimi anni della
sua fondazione. E bene ne rimeritò l’Arma quando
si pensi a quanto fece sia nei campi di battaglia, sia
nell’ambiente politico in tutte le guerre della nostra
indipendenza: basterebbe ricordare le gesta eroiche
dei Carabinieri a Pastrengo, a S. Lucia, a Yaleggio,
Il C a p I te M C h ia ffre d o B e rc ia
e poi ancora nelle angosciose giornate di Custoza e
di Milano dove tutelarono la persona del Re dalle
intemperanze della folla, fino alle memorande gior
nate del luglio 1915 sul Podgora. dove diedero prova
della più grande tenacia rimanendo impavidi sotto
la furibonda tempesta nemica.
Ma prima ancora che l’Italia fascista erigesse il
magnifico monumento dovuto al pollice sapiente del
Rubino, nel 1892 — or sono poco più di quarantanni
— già Torino onorava la memoria delle imprese
eroiche del Carabiniere, celebrando le figure di Sca-
paccino e di Bergia. A llotto di maggio del 1892
nella sala «Vincenzo Troya »in via Principe Amedeo,
alla presenza augusta di S. A. R. la Duchessa Elisa-
betta di Genova, del sindaco di allora Melchiorre
Voli, di autorità civili e militari si tributarono solenni
onoranze alle due Medaglie d’oro: a Scapaccino sem
plice carabiniere, la prima; al capitano Bergia, la
seconda. La prima eroica figura ha voluto il Rubino
eternare nel bronzo in uno degli altorilievi che ornano
il basamento del Monumento al Carabiniere.
Ricordo di questa solenne commemorazione sono
un discorso commemorativo de’ due prodi dell’avvo
cato Tancredi Frisetti (i), e — come questo a cura
del Comitato di quelle onoranze — un’ode libera
del professore Pasquale Rosinganna (2), allora inse
gnante nel R. Liceo-Ginnasio Cavour di Torino.
Il carme è intitolato
Eroi Carabinieri,
che vuol
essere una poetica celebrazione delle gesta de’ due
prodi che servirono degnamente la Patria e il cui
esempio deve essere additato ad eccitamento.
L ode del Rosinganna prende le mosse da quella
Rassegna di Nor'àra
di Costantino Nigra che è la vera
e più grande celebrazione poetica dell’Esercito ita
liano. E in essa che si celebrano le varie armi del-
l’Esercito italiano, fra cui quella del Carabiniere,
versi che sotto l’auspicio dell'istituto Nazionale per
la Biblioteca dei soldati sono stati scolpiti nella
lapide murata nella facciata della Caserma Bergia,
celebrandosi in Torino il i° centenario dei CC. RR.
Del Re custodi e della legge. Schiavi
Sol del dover, usi obbedir tacendo
E tacendo morir, terror de’ rei,
Modesti ignoti eroi, vittime oscure
E grandi, anime salde in salde membra,
Mostran nei volti austeri, nei securi
Occhi, nei larghi lacerati petti,
Fiera, indomata la virtù latina.
Risonate, tamburi: salutate
Aste e vessilli, onore, onore ai prodi
Carabinieri!...
* * *
Pasquale Rosinganna, il poeta che ha cantato
gli
Eroi Carabinieri,
nacque a Moncalvo il 31 marzo
1839: di lui non si hanno che poche notizie: fu inse
gnante prima a Casale Monferrato, dove ebbe l’ispe
zione favorevole di Giosuè Carducci, quindi dal 1888
a Torino al Ginnasio-Liceo Cavour, più tardi dopo
43 anni dedicati alla scuola nel 1904 si ritirò a Mon
calvo dove morì nel 1912.
Nel cimitero di Moncalvo si legge sulla sua tomba
l’epigrafe: «
Prof. Cav. Rosinganna Pasquale
—
Nato
a Moncalvo il 31 marzo 1839
—
Morto a Moncalvo
il 12 febbraio igi2
—
consacrò alla scuola classica, per
mezzo secolo, la sua parola accesa di dottrina e di fede
auspicando in liberi canti più grandi destini per la
Patria e per l’umanità ».
Il
suo canto
Eroi Carabinieri,
pur risentendo
l’età in cui visse il poeta, cioè a dire della decadenza
del romanticismo, ha pure vivacità di sentimento e
una certa grazia e melodia nel verso. Egli vuol cele
brare l’arma dei Carabinieri e per essi due eroi:
Scapaccino, di cui Incisa va superba del figlio, chè
da esso trae il suo attributo e il suo prestigio nobi
liare; Bergia di cui Paesana è orgogliosa.
Prendendo le mosse dai versi del Nigra di cui il
ricordo è chiaro anche nel costrutto del periodo, il
poeta evoca la figura ormai leggendaria del cara
biniere Scapaccino celebrandone le gesta, dorante la
rivolta della Savoia del 1834, quando un gruppo di
emigrati mazziniani sorprendeva a Echelles un posto
di carabinieri, uccidendo il soldato Scapaccino.
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