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FEDELISSIMI
„
SCAPACCINO E BERGIA
Rosinganna ebbe sotto gli occhi lordine del giorno
con cui il Villamarina, allora primo segretario della
guerra e marina, dirigeva da Torino il 12 feb
braio 1834 all’Armata Sarda.
«Il carabiniere a cavallo, Giovanni Battista Sca-
paccino i°, nativo di Incisa, provincia di Acqui,
di anni 32, ritornava da Chambéry alla sua stazione
di Echelles, nella notte delli 3 febbraio 1834. Ignaro
dell’ivi occorso durante la sua assenza in servizio,
cadde sgraziatamente in mezzo alla banda rivoluzio
naria che avevane invasa la caserma. Afferrate dai
rivoltosi le redini del suo cavallo, gli venne minac
ciosamente intimato di riconoscere la loro bandiera •
e salutarla cogli evviva alla repubblica che essi
intendevano sostituire al Re. La morte era cosa
certa, istantanea, inevitabile, se noi faceva. Mac-
chiavasi il suo onore s’ei cedeva! Questo valoroso
soldato non esitò un istante! Il grido di
Viva il Re!
ch’ei lanciò animoso, suggellò la sua incorruttibile
fede e fu il segnale del suo eccidio. I)ne colpi di
fucile gli schiusero la tomba dei prodi ed innalzarono
per sempre il nome di lui...! ».
• * *
Dalla
Biblioteca Militare Italiana
(voi. 40) il Ro
singanna attinse le notizie storiche che gli servirono
per la parte del canto in cui celebra la figura del
Bergia. Nato a Paesana il i° gennaio 1840, il Bergia
si arruolò giovane ancora neH’arma, e venne desti
nato negli Abruzzi durante il periodo del brigan
taggio. Dagli Abruzzi alle Puglie egli divenne ben
presto l’eroe del brigantaggio ridonando la pace e la
sicurezza a quelle desolate provincie. Da Maresciallo
a Capitano: si meritò quattordici menzioni onore
voli, sei medaglie al valore di cui una d’oro. Morì
il 2 febbraio 1892 a Bari.
• * •
L ’ode del Rosinganna si apre con l’elogio del
Carabiniere, per entrare senz’altro a elogiare latto
eroico dello Scapaccino, nel cui petto grande e puro
era la fede:
Quando per lei sfidasti
D’ostil, feroce banda
Il reo consiglio e la fatai minaccia,
Da cui ti liberava,
Codardo, unico prezzo, il tradimento.
Quando al nemico in faccia,
Con risoluto accento,
Fiero emettesti il grido
Che ti diè morte e per il quale or vivi,
Grido acclamato e santo,
Che accende il vate e lo sospinge al canto.
Non tremò Scapaccino, emise il nobil grido di
Viva il Re!
e da quel momento la figura del mo
desto Carabiniere
... sfolgorò gigante
Sovra i nemici e allora
Che tu cadesti al sudo
Vittima santa d’una fe’ sincera
Col generoso sangue suggellando
L ’onor della bandiera,
Fama levossi a volo,
Il tuo nome dall’Alpi alto annunziando.
E quel nome s'intese
Suonar per ogni riva
Del mite e forte subalpin paese
E l’eco replicar l’eroico evviva.
Un fremito di gioia
Destossi in tutti che han guida onore,
E Piemonte e Liguria e il Sardo lido
Esultar con Savoia.
D’Incisa all’umil figlio
D’amor commosse benedia le genti,
E dopo dieci lustri, in questo suolo
D’amore e fedeltà libera stanza,
Ognun plaudendo lo ripete e gode
Unirsi al meritato inno di lodi.
Ma il poeta rivolge anche un pensiero al Re
Magnanimo, a Carlo Alberto, per cui lo Scapaccino
da soldato fedele moriva, Carlo Alberto
... vigil guardiano
De le porte dell’Alpi, un gran disegno
Maturava nell’alma e anelando
La sua stella attendeva
E la notte fu lunga e fosco il cielo.
Ma come in oriente
Sorger la vide, palpitò più forte
Quel magnanimo core e salutolla
Nunzia del novo, sospirato giorno.
E qual fosse il disegno allor si vide,
Quando a cimento ei pose
Co’ figli suoi per l’italo riscatto
Là sui lombardi piani e trono e vita.
O martire d’Oporto,
Pien di fè tu cadesti,
Ma piii non tramontò l’astro risorto!
Ritorna il poeta ancora a Scapaccino innalzando
un grido all’Italia che, libera dalle Alpi al mare, ha
fede salda come le sue Alpi; il pensiero della Patria
lo infiamma, come lo infiamma il pensiero de’ Re
Sabaudi che mantennero la fede giurata, e se ancora,
esclama il cantore, tornasse il dì del cimento, intorno
ai discendenti di Umberto Biancamano scoppierebbe
un solo grido, quello di Scapaccino:
Evviva il Re!
La seconda parte dell’ode è dedicata al Bergia
... invitto
Di Paesana onor, prode Chiaffredo
Nelle natali glebe
A te sull’umil cuna
Non arrise fortuna.
Germe d’oscura plebe
Ma degno figlio di lodate azioni,
Con luminose e ammirande prove
Degli eroi ti aggiungesti al sacro coro
E degnamente or sei
Del tuo loco natal vanto e decoro.