

FEL ICE ( A RESA S E I MIO STUDIO
P e s c a t o r i « o lla la (c a d a - (1933)
Chi vorrà studiare a fondo ( arena dovrà seguirlo
salendo dalle sue conquiste tecniche visibili nelle
opere dal 1912 al 1916 alle conquiste etiche le quali
(superato il periodo della guerra e quello della lun
ghissima malattia: oltre un decennio 1918-1929) for
mano tanta parte del suo stile.
A Roma Spadini aveva iniziata un’educazione
tutta italiana e da un pezzo dimenticata: la costru
zione del quadro; c’era nel mondo dell’arte, per
pochissimi cuori di avanguardia, il con
cetto che non si dovesse badare tanto
alla forma esterna, quanto invece al
l’eterno. Salivamo verso la luce della
ricostruzione e non solo politica, mi
litare, industriale, agraria, artigiana,
ma verso un Rinnovamento che oggi
è in atto anche per i ciechi ed i sordi.
Ma il Rinnovamento doveva essere
preceduto da quel malessere di cui,
noi, generazione dell’ultimo venticin
quennio del secolo sopportammo tutte
le conseguenze. I giovani, oggi, hanno
trovata « la pappa fatta! ».
In quel malessere germinò il senso
rivoluzionario che qualificherà il primo
Novecento; ormai si aspirava ad un
tempo di Grandezza che l’Ottocento
postremo aveva mendicato presso le
Cancellerie d’Europa e d’ America.
No! No!
Questo No urlato nella trincea e
nella piazza è stato già in atto anche
nel campo della Pittura, sia pure con
errori, con stramberie, ma sempre in
funzione di reazione. Nell'architettura
che è forza collettiva, è più visibile
questa battaglia contro lo staticismo;
meno lo è per i profani nel campo della
pittura, che è arte personalissima.
Lo stile di Carena è segnato di
questo crudele ed eroico destino che
volle noi anziani più sacrificati e tor
mentati nell’assalto al futuro; fummo
come i primi dissodatori di questo
bell’Agro Pontino che domani i giovani
mieteranno. A questi il frutto, a noi
la fatica. E sia benedetta!
Il
suo dramma spirituale, Carena
se le portato al fronte, ufficiale d'ar
tiglieria; poi lo ha divorato in dieci
anni di aspettazione della morte che,
per fortuna non venne; donde quella
inquietudine di stile che Margherita
Sarfatti ha con mano maestra svelata
nelle tele del sognatore di Cumiana.
Ecco, Felice Carena, Tu, sei qui,
nel mio studio nella perfetta essenza
dei tuoi venticinque anni; inquieto
mentre cerchi con la carbonella la co
struzione di un quadro ancora inerte
sul cavalletto; inquieto mentre discutendo, con un
numero della grande rivista inglese sulle ginocchia,
ondeggi fra le voci che vengono dagli
ateliers
di
Parigi, d’Olanda e quelle che richiamano alla tra
dizione italiana di Caravaggio. Io non ti so con
cepire che così: Inquieto! Penso che questa sia la
vera forza che ha travagliato e travaglierà ancora,
mi auguro, a lungo la tua Arte. Chi ha saputo ve
derti nettamente, chiaramente è stato un altro
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