

I ERI E O G G I
Cronache a memoria
R
iprendiamo il racconto
di storielle torinesi che
ricorderanno ai posteri la
semplicità del vivere d’un
tempo e faranno, a più
d ’uno, esclamare: «peccato
non poter tornare a que’
tempi! ».
Ma saranno esclamazioni
momentanee, fugg iasche ,
poiché, appena appena, che
uno rifletta, vedrà subito la
colossale differenza in meglio
tra i nostri e quei tempi.
Basta ripensare che al
lora (parlo di cinquant’anni
addietro), per quanto, da
secoli, usciti dalla nebulo
sità del medio evo, di sco
perte, veramente cospicue,
pratiche e promettenti, non
v'erano che quelle della pol
vere (pur troppo anche da
cannone), del vapore e del
telegrafo, meravigliose sì,
ma riguardate oggi come «cose vecchie », in con
fronto delle nuove scoperte e relative nuovissime
applicazioni, per cui tempo e spazio stanno riducen
dosi a ore e minuti, in confronto degli anni e dei
secoli scorsi.
Università di Torino:
era dove oggi è, col cancello
d ’ingresso riaperto verso i portici di via Po, perchè
non s ’erano più ripetuti i fatti del '21...; ma non è
di politica che intendo parlare, bensì di cronaca e
di cose più leggere.
Il cospicuo edificio ospitava pressoché tutti gl»
istituti scientifici che oggi fanno bella mostra di sé
al Valentino, sul corso Massimo d’Azeglio, e, quindi
stipati, deficienti di spazio, di luce, di riscaldamento.
Il coraggio ch’ebbe la Città di Torino, nella co
struzione dei nuovi « Istituti biològici », giovò, non
solo a sé, ma anche alle altre Università del Regno,
poiché pressoché tutte ottennero, sul suo esempio,
sussidi governativi onde poter sgombrare i vecchi
locali e costruire edifici nuovi, ampi, ilhmù&ati, ven
tilati,
ricchi
di
laboratori,
di aule,
di materiale didat
tico, di musei, di biblioteche.
Quanto al «palazzo» uni
versitario centrale, esso di
venne veram en te ta le ,
poiché, per quanto legato
all’architettura uniforme di
via Po (la quale impedì la
costruzione del frontespizio
che si dovette, perciò, ele
vare verso la retrostante via
Verdi), vero senso di mae
stosità riceve chi lo visita la
prima volta, specialmente
oggi in cui, fra altro, è scom
parso il «ciottolato » che
ne pavimentava grossolana
mente il vasto e armonico
cortile.
Altro benefìcio, mate
riale e morale, dal palazzo
universitario, ricevuto dal
tempo, fu lo sgombro di
sotto il suo porticato e dai
portici, a monte e a valle
dell’Università, dei nume
rosi bancherottoli ingom
branti, in cui si vendevano libri vecchi e stravecchi,
manoscritti, documenti logori e sucidi: aggregati ad
essi, lungo le colonne del porticato, erano scrittoi,
seduti ai quali stavano, colla penna d’oca all’orecchio,
vecchi «giubilati », muniti di occhiali a stanghetta e
di berretto col fiocco, i quali scrivevano (per tre
soldi, carta compresa... senza busta) lettore per sol
dati ai genitori lontani o per fantesche in risposta ai
propri fidanzati... La « Legge Coppino »era già stata
votata, ma l’analfabetismo era ancora in vigore.
Aderenti ad altri pilastri erano... artisti del pen
nello, specializzati nella preparazione delle «insegne
per botteghe e osterie »; per queste ultime era carat
teristica una bottiglia dalla quale fuorusciva vino
spumante che scendeva in un vicino bicchiere, onde
significare che, in tali osterie, si vendeva non solo
vino buono, ma anche <a bicchieri »; prezzo... un
soldo!
Tutto questo ingombrante commercio scomparve,
dopo aver tentato di trasportarlo sotto i portici di
l
piazza Castello fra la via delia Zecca (Verdi) e
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Teatro Regio, e permise l’apertura degh odierni
gozi decorosi, per cui i portici di sinistra non
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