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questo punto e altrove. Per quanto riguar
da la mancanza di indicazioni sull'opera
data nel carnovale dell’anno 1679 i crono-
logisti imputeranno l’assenza del libretto
dalle collezioni conservate nella biblioteca
di Torino. Avrebbero ragione, quando non
esistessero dei buoni documenti, che ne
parlano e ci dicono che fu rappresentato
YEliogabalo,
dramma di Aurelio Aureli,
posto in musica, forse, da Teofilo Orgia-
ni? (35). 11 libretto di questa opera ci dice
il barone Giuseppe Vernazza, al quale pos
siamo prestare sicura fede, era già stato
stampato in Torino nell’anno 1673 per cura
del tipografo Zavatta. Nulla ci consta circa
agli artisti, che cantarono in quest’opera.
Sappiamo soltanto, che Madama Reale fece
cercare per mezzo del marchese Fleury, il
musico Giambattista Speroni, detto
Speron
ano
(36), che il Quadrio nella sua
Storia e
lezioni d’ogni poesia,
dice essere stato al
servizio di Ranuccio 11 duca di Parma.
L ’ esito finanziario della stagione non fu
buono (37).
Sulla seconda parte del triennio abbia
mo scarsissime notizie. Lo spettacolo non
venne più allestito in Palazzo Vecchio, ma
come si disse, nella Sala voltata dei Tede
schi in Castello. Dell’opera e degli artisti
nulla mi riuscì di trovare, all’ infuori di al
cuni mandati di pagamento registrati nei
conti dei Tesorieri delle Fabbriche, i quali
ci parlano della
Nuova opera boscareggia,
o boscareccia,
per la quale furono dipinti un
proscenio, quattordici tellari letterali dipinti
a boscareggia, un tellaro grande in fine del
la scena, altro di traverso rappresentante
verdura et tutto il cielo delle nuvole
(38).
La spesa di queste pitture salì a lire otto
cento.
Assai meglio siamo ragguagliati sulla ul
tima stagione della infelice gestione Bian
co. Il teatro fu ricostruito, e questa volta
definitivamente nel Salone del Palazzo Vec
chio presso San Giovanni. 11 melodramma
rappresentato fu il
Lisimaco
di Cristoforo
Ivanovich, epirota, canonico di San Marco
in Venezia, musicato da Giovanni Maria
Pagliardi, fiorentino, maestio di Cosimo 111
di Toscana. Si ignorano i nomi degli ese
cutori, ma viceversa sappiamo, che ìegli
intermezzi ballò anche il giovane duca V it
torio Amedeo 11, circondato da Cavalieri
della Corte.
L ’apertura e le arie di danze
vennero composte da Paolo La Pierre, capo
della banda dei violoni di Sua Altezza
Reale
(39).
(35) Taluno «Meri, che quest'op.
stata rappre
sentata a Torino colla musica di Giovanni Antonio Bo-
retti, romano, maestro di cappella del Duca di Parma.
(36) •
Puitque le maticien Speroni etl empioyé au ter-
vice de Sa majeati Impériale.
nou* ne
voadriont Favoir
que pour le luy offrir. Nou» voyon» cependant le» aenti-
menta obligean
»
que
l'Impératrice Eléonore a eu la bonté
de ooua temoigner à notre egard avee toate la reconait-
tance immaginaire
que vou» nou»
forez plaiair de le luy
repreaenter de ma part
». (Loc. cit., Sez. I, Lettere della
Corte. Madama Reale al marchese di Fleury 3 settem
bre 1698).
(37) Molti creditori rimasero insoddisfatti, fra i quali
i Fratelli Pietro e Domenico Mauri di Venezia pittori e
macchinisti. A costoro il 17 di febbraio del 1679 Madama
Reale aveva fatto dare tre carlini, pari a lire ducentodi-
ciannove e soldi quindici d'argento, perchè hanno tra
vagliato al Teatro dell'Opera (Controllo Finanze ad an.
1679 f. 24) ma era un semplice acconto. Da Pesaro il
IO luglio dello stesso anno insistevano ancora per chie
dere il pagamento della somma dovuta loro per quattro
mesi e mezzo di lavoro in Torino, ove erano stati man
dati dall'abate Grinvani.
Quando si avvicini la loro lettera da Pesaro colla se
guente scritta otto anni dopo da Milano, si viene a cono
scere il nome dell'opera rappresentata allora in Palazzo
Vecchio : i
A Itezza Reale. Pietro e Domenico Mauri, ar
chitetti e pittori veneti, humilittimi tenitori della Reai
Casa
tupplicando humilmente letponeno coma etaendo
venuti dal aervitio del
Ser.modi Baviera havendo havuto
l'onore di tervirlo nelle tue nozze, ai portarono in Croma
por l'edificio d'
un teatro, da dove
a richieda della no
biltà di Milano tono ttati forzati <Tandare in detta città
per l’odifizio d'altre
scene,
ed ora sentirono che V. A. R
tia por fare quetto carnovale l’innata magnificenza. Per-
tanto hanno havuto ardimento di nuovo dedicarti infimi-
fittimi tenitori, ettendo li
medesimi
che
ebbero
la for
tuna di
seguire T
abate Grimani al Palazzo Vecchio nel-
ropera del Leogahalo. onde V. A. R. non
restasse
aervita
di tale honore con accettarli al Reale Servitio
potrà
dar
ordini opportuni, il che granditaimamente no la tappK-
oano.
Milano 22 novembre 1687.
Pietro
e
Domenico
Mauri ».
(Loc. cit. Lett. di Particolari : Mauri).
(38) Loc. cit. Sez. Riunite: Conto dei Tesorieri delle
Fabbriche Reg. ad an. 1679 (cap. 488. 490).
(39) Cfr. il Libcetto.