

titi (107) da rappresentarsi, aggiungendo,
0 modificando, quanto fosse necessario. Fu
anche organista nella Chiesa di Sant'Eu
sebio, più generalmente nota col nome di
San Filippo dalla Congregazione, che la
ufficia. Mancano notizie di questo artista
dopo il 1770. E’ noto però, che compose
anche de lla Musica Sacra.
Il
melodramma, ch’eg li compose pel tea
tro Regio, andò in scena il trenta gennaio
del 1745 e fu rappresentato per ventotto se
re, fruttando all'impresa ventottomila quat
trocento novanta lire, quindici soldi e nove
denari. A l l ’autore fu pagato seicento qua
ranta lire. Il libretto rimase anonimo. Sap
piamo però, che la prima parte del secondo
atto si passava in
una galleria con ritratti.
La guerra della Successione d 'Austria
cagionò la chiusura del teatro durante gli
anni 1746 e 1747.
Per la prima stagione erano accaparrati
1 maestri Lampugnani e Bernasconi.
L ’esame dei singoli spettacoli dati duran
te il periodo in cui il teatro Regio fu retto
da lla Nobile Società dei Cavalieri, si può
chiamare aureo. Il suo attento esame ci por
terebbe molto in lungo e finirebbe per riu
scire di peso. Ci limiteremo a richiamare
brevemente a lla mente il ricordo di quei
fatti e di quegli episodi, che meglio possano
soddisfare a lla curiosità, oppure rivestire
un carattere di importanza storica, non d i
menticando, che molte cose che riguardano
il passato artistico di Torino sono ignorate
o mal note.
Sinora, per esempio, non ci era venuta
ancora l'occasione di vedere, qua li fossero
le norme vigenti per la distribuzione dei
palchetti a l pubblico, e come si procedesse
per ottenerne uno. Coloro che lo desidera
vano dovevano farsi annotare dal Gran
Ciambellano entro un termine fissato. L ’e
lenco di queste persone era sottoposto,
colle necessarie indicazioni a l R e , al qua} 63
le spettava di decidere, se la domanda po
tesse venire accolta, e in base ai titoli di
merito e di carica, in quale dei cinque or
dini di palchi ponessero prendere posto.
Era inteso però, che gli ordini secondo e
terzo dovevano ritenersi come
ordini di
Corona.
Otto palchetti di essi (quattro
per ordine) erano assegnati a i rappresen
tanti di potenze estere, che ne avessero già
goduto. Il Re si riservava di accrescerne an
cora il numero di altri quattro, ove se ne pre
sentasse il bisogno. Quando i rappresentanti
esteri scemassero di numero, venivano so
stituiti da famiglie, che già ne avessero go
duto, limitatamente, ben inteso, al periodo
della vacanza.
La concessione dei palchetti era subordi
nata, naturalmente, a l pagamento del prez
zo fissato per l'affìtto di esso a l l ’impresa e
a lla dichiarazione di residenza del titolare in
Torino. Chi tr^^ortasse altrove la sua di
mora e rimanesse assente per oltre a tre an
ni, oppure lasciasse l'im p iego , dal quale
traeva il diritto a l palco, ne rimaneva esclu
so, però ben inteso, che l'assenza fosse mo
tivata per ragioni di trasferimento.
Dal
Giornale di Torino,
che negli anni
1750 e 51 si pubblicò, apprendiamo, che la
Didone
del Metastasio, posta in musica dal
Terradellas (andata in scena il diciassette
gennaio del 1750) fu molto applaudita (108).
Nello stesso anno, per la ricorrenza delle
nozze del Duca di Savoia co ll’ infante di
Spagna donna Maria Antonia Ferdinanda,
il teatro si riaprì con uno spettacolo straor
dinario, nel quale cantarono l ’Astrua e il
Gaetano Maiorana, detto Caffariello, so
prano, e il celebre tenore Antonio Raff. 11
poeta d e ll’azione rappresentata, che fu inti-
(107)
Così li legge in un doc. d ell'A rch . Municip. To
rinese. Ordinati ad ann. della N. S . dei Cavalieri.
(106)
Si è nel sabbato messa in scena l'altra opera della
Didone.
la quale è molto applaudita da questo pubblico
(Giorn. di Torino. 24 genn. 1750).