

tese, che tanta cura poneva nella tutela dei
suoi interessi morali e materiali.
Ritornato nella Spagna (7 novembre 1504),
Cristoforo Colombo, stanco, ammalato e sfidu
ciato, non fu subito ricevuto alla Corte, ove
i suoi nemici, capitanati dal vescovo Fonseca,
spargevano insinuazioni e calunnie contro
di lui. Ma a difendere i suoi diritti e il suo
buon nome presso i Sovrani di Spagna prov
vedevano il tìglio Don Diego col quale man
teneva continua corrispondenza, il P. Don
Gaspare Gorricio, al quale il 4 gennaio 1505
scrive per mantenerlo al corrente di tutte
le pratiche, che il suo figlio Diego e i suoi
amici, tra cui il cavalleresco Diego Mendez,
andavano svolgendo in suo favore presso la
Corte.
È questa l'ultima delle undici lettere auto
grafe, che noi possediamo, di C. Colombo al
P. Gorricio, ma non è l'ultima volta che ne’
suoi scritti è ricordato il certosino piemontese,
infatti, nel codicillo autografo, scritto in
Segovia il 25 agosto 1505, con il quale con
ferma la disposizione dell'istituzione del mag
g iorasi, fatta l'anno 1502. e ne aggiunge altre
relative a persone verso le quali aveva dei
debiti. Colombo ricorda che questa scrittura
si trova depositata nel «
monastero de las Cue-
bas en Serilla. ù Jraj Don Gaspar. con otras
mis escrituras »
ecc. Questo codicillo fu poi
prodotto davanti al notaio Pedro di Hinojedo,
che lo trascrìsse nel testamento fatto dal
grande Navigatore, il 19 maggio 1506, alla
vigilia della sua morte.
• • •
Nel perìodo di tempo intercorso fra il terzo
e il quarto viaggio, come già si accennò,
Cristoforo Colombo dimorò a lungo in Gra
nata, ov’era la Corte, per distruggere le
accuse e le calunnie dell'infame Bobadilla,
che aveva osato imprigionarlo e mandarlo
nella Spagna con le catene ai piedi come un
vile malfattore. L'arrivo del grande Scopritore
a Cadice in quello stato sollevò l'indignazione
di tutti. La regina Isabella, venuta a cono
scenza della cosa, non nascose la sua collera,
nè il suo dolore: l'Ammiraglio fu chiamato
a Granata coi suoi due fratelli, e i Re lo rice
vettero solennemente all'Alambra. Ma troppo
grave era stato l'affronto: con l'animo esacer
bato per l'ingratitudine degli uomini, egli
non trovò altro conforto che quello che può
derivare dalla completa 6ducia nella giustizia
e nella bontà di Dio. che certamente premia
chi lo ha fedelmente servito.
Colombo aveva donato un nuovo mondo
alla Spagna, e ne aveva avuto in premio
incomprensioni, ostacoli, insulti e, infine, la
prigionia: ma, grazie alle sue scoperte, molti
popoli che abitavano in terre lontane potè
vano, ora, essere illuminati dalla luce del
Vangelo. Dio, adunque, si era servito di lui
per rendere possibile la propagazione del
nome del Signore in terre lontane da lui
scoperte. Lettore assiduo e un buon cono*
scitore dei Libri Sacri, Colombo non potè a
meno di ricordare quei passi in cui sembrava
esservi qualche accenno alla grande impresa
da lui compiuta, e di ritenerla, così, già annun
ziata dai profeti.
Durante la sua dimora in Granata, mentre)
mette insieme i documenti e gli atti che costi
tuiscono, come si disse, il
Libro dei Privilegi
,J
compila anche il
Libro de las Projecias
, o
meglio ne inizia la compilazione, perchè la
maggior parte dei brani biblici e dei passi
di scrittori sacri di cui il libro si compone fa
opera del certosino piemontese, al quale,
con una sua lettera del 13 settembre 1501
Cristoforo Colombo invia i brani già messi
insieme, pregandolo di continuare la raccolta.
Il P. Gorricio si mette subito all'opera coi
molto piacere e soddisfazione, e con lettera
del 29 maggio 1502 gli rende conto del lavoro
compiuto e glielo rimette «
a la correction df
mente il certosino piemontese scrisse al grande
Navigatore.
Parecchi scrittori di cose colombiane attri*
buiscono all'influenza del P. Gorricio il mistici*
smo, secondo essi quasi patologico, di Cristo*
foro Colombo negli ultimi anni della sua
vital.Uag ya natura|e
^ V ••
mm. J* m
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e»
rf-'l « l
i
*
■
^
Nulla di più falso. Cristoforo Colombo fu sem*
pre uomo di grande fede, e sempre si conside
uno strumento nelle mani di Dio per il co
pimento delle grandi imprese che gli voi
affidare. L'eploratore polare francese Charco
che seppe molto bene comprendere P
del nostro Colombo, dà ragione a Roselly
Lorgues quando esclama: « chi non crede
soprannaturale non può comprendere
lombo «. Ed è così. Colombo fu un
navigatore, ma sopratutto fu un profo:
e sincero cattolico, che sempre e o
cercò la gloria di Dio. « Cristoforo Colo
— scrive il Cognasso — in tutti i suoi
ebbe sempre e chiara e dominante l'idea
nei paesi scoperti e da scoprire, si do
non solo estrarre Poro e le droghe, ma
convertire gli indigeni al cristianesimo.
grande viaggiatore, con queste sue idee, ci
appare veramente come un
grande missionario
d>ila
civiltà cristiana
, come non lo erano i
Portoghesi, nè gli Spagnoli ».
Colombo e Gorricio, figli della stessa terra,
erano uomini di grande fede tutti e due. Per
il pensiero della espansione e del trionfo
di lla religione cattolica stava sopra ogni altra
co'U, ma non per questo la loro anima aveva
perduto il contatto con la realtà delle cose,
nè trovava affatto in condizioni patologiche.
E certo non si poteva considerare patologica
IV'altazione che, in qualche momento, poteva
invadere l'anima di Colombo di fronte alla
grandiosità dell'impresa ch'egli, con l'aiuto
di Dio, aveva compiuto: era un nuovo mondo
che si apriva alla predicazione del Vangelo,
era un nuovo vastissimo impero ch'egli aveva
offerto alla Corona di Castiglia. Se questa
gli si mostrava ingrata, certo Dio avrebbe
premiato il suo servo fedele, che aveva affron
tato disagi, dolori, e perìcoli, affinchè la luce
della fede potesse illuminare infinite genti,
ch'erano sino allora vissute nell'errore e nella
barbarie.
• * •
Anche dopo la morte di Cristoforo Colombo,
P. Gorricio continuò a occuparsi degli
interessi del suo figlio Diego e dei suoi fratelli
Bartolomeo e Diego (Giacomo). Bartolomeo
Colombo, l'energico e valoroso fratello del
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. . . J g r a n d e Ammiraglio, vero suo braccio destro e
espintu prudente
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che no. possediamo fra le molte che e e r t a ^ . ^ certosino piemonlese per la custodia
del suo oro e delle sue gioie; altrettanto fece
il fratello Don Diego.
K al P. Gorricio che Bartolomeo Colombo
afiida il suo testamento del 1509, e un codi*
riilo in data 30 agosto 1511 in favore di una
Nel febbraio 1511 il minore dei fratelli
'olombo, Giacomo (Diego) muore in Siviglia
‘Ila casa del novarese Francesco Gorricio
quale ha dettato il suo testamento, nomi-
indo il P. Gorricio esecutore del testamento
‘desimo. È il certosino piemontese che,
■r conto dell'Ammiraglio delle Indie (Don
•go) paga ogni anno 100.000 maravedis
Brìolanza Muniz, zia del suddetto Ammi
ro .
1 inalmente è ancora al P. Gorricio che
>
i i
Diego Colombo, prima di partire per la
Gagnola, consegna il suo lungo e minuto
«tamento (16 mano 1509) di cui dev'essere
principale esecutore. In questo testamento
>n Diego lascia 10 mila maravedis ai padri
monastero de las Cuevas, nel quale vuole
si dia sepoltura alla salma del suo padre,
e dichiara che dopo la sua morte desiderava
di essere sepolto «
donde estuviese depositado o
enterrado al corpo del almirante mi sehor padre
».
Sino a questi ultimi anni non si conosceva
con precisione la data della sepoltura di Cri
stoforo Colombo nel monastero de las Cuevas
in Siviglia: oggi si sa ch'essa ebbe luogo l ' i l
aprile 1509; e, cioè, poche settimane dopo
il testamento di Don Diego, alla presenza
del Priore e di molti monaci, tra cui natural
mente il P. Gaspare Gorricio di Novara.
Certamente il buon certosino piemontese
avrà sostato spesso in preghiera presso la
tomba del suo caro amico; ricordandone il
grande genio e la sovrumana impresa, che
doveva imprimere un nuovo corso alla storia
dell'umanità; e avrà meditato sulla vanità
delle cose umane, e specialmente sull'ingra-
titudine degli uomini, che avevano caricato
d'insulti e di catene chi aveva scoperto un
nuovo mondo e donate alla Spagna immense
ricchezze.
Entrato, certo ancor giovane, nella grande
certosa de las Cuevas che specchiava la sua
massiccia mole nelle acque del Guadalquivir,
il P. Gorricio, non sarmiamo in quale circo
stanza, stringeva amn.<.ia verso U 1495 con
il grande suo connazionale, che, contro il
parere di tutti, aveva affrontato e vinto
i misteri dell'Oceano, e d'allora in poi visse
nella scia luminosa di Cristoforo Colombo,
che aiutò con l'opera e col consiglio nei mo
menti più tristi della sua travagliata vita,
confortandolo col pensiero della giustizia e
della bontà di quel Dio de' cui disegni il
grande Navigatore e il devoto certosino si
sentivano umili strumenti.
Del P. Gaspare Gorricio di Novara si hanno
notizie sino alla fine del 1516, quando, per
essere infermo e occupato in cose che riguar
davano la sua coscienza, delega a Don Barto
lomeo Guerrero
la tutela de su subrino Fran
cisco
(Antonio?)
Gorricio de Novara
(Siviglia,
30 dicembre 1511); ma certamente visse
ancora qualche anno, continuando a occu
parsi dei documenti e delle carte che Colombo
e i suoi famigliari gli avevano affidato, dando
così origine all'importantissimo Archivio Co
lombiano che per oltre un secolo fu conservato
nel monastero de las Cuevas, e poi, a poco a
poco, andò disperso. Secondo il Serrano y
Sana si deve al P. Gorricio il più antico inven
tario di questo Archivio Colombiano, compi
lato fra il 1520 e il 1526. U nostro Piemonte,
e specialmente la città di Novara, ben possono
andare orgogliose di aver dato i natali ai
fratelli Gaspare, Francesco e Melchiorre Gor
ricio, i quali, in campi divieni, seppero alta
mente onorare la patria lontana.