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IL LABORATORIO RESTAURI DELA BIRUOTECA NAZIONALE

DI TORINO

Nella notte del 25 al 26 gennaio 1904 scoppiava

nella Biblioteca Nazionale di Torino l'incendio che

tanto danno doveva arrecare alle collezioni dell'isti­

tuto e al patrimonio bibliografico Italiano.

La Biblioteca ne usciva devastata proprio nelle

•ezioni più preziose dovute in gran parte al muni­

fico dono di Vittorio Amedeo II. raccolte e studiale

da Bibliotecari quali Amedeo e Bernardino Peyron.

(raspare Corredo e a bibliofili della tempra del Ca-

luso. Scomparivano nelle fiamme i palinsesti Bob-

biesi e la gemma dei manoscritti Torinesi, il « Livre

d'heures » del Duca di Berrv ornato di meravigliose

miniature attribuite ai Yan Kyck mentre gli altri

manoscritti italiani, francesi, latini, greci, ebraici

e orientali — codici importanti per il testo o per le

miniature eseguite su esemplari per principi e me­

cenati. venivano decimati dal fuoco.

Anche se ardua cosa è il concretare quantitativa­

mente l'entità del disastro, poiché le fiamme distrus-

-ero per*ino gli inventari dei manoscritti, possiamo

dire che su circa quattromilacinquecento codici pos­

seduti prima dell'incendio meno della metà veniva

raccolta e identificata, mentre i rimanenti dovevano

considerarsi definitivamente perduti sia perrhé car­

tacei e quindi bruciati completamente, sia perché

l'azione violenta del fuoco ne aveva troppo profon­

damente intaccato le pergamene (é questo il caso

del « Livre d 'Heure » ridotto a tre croste affumicate

in cui a malapena si riconobbe qualche frammento

delle celebri miniature), sia perché ridotti in fram­

menti e frammisti tanto da rendere impossibile la

identificazione.

Al male prodotto dal fuoco si aggiunsero i danni

dell'acqua arroventata che penetrò nelle pergamene

durante l'opera di speznimento: 3 giorni dopo l'in ­

cendio si manifestava in esse l'inizio di un processo

di putrefazione che richiese un rapido intervento

nei Laboratori di Chimica del Professor Guareschi

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di Materia Medica del Gian»sa per salvare una se­

conda volta i preziosi cimeli.

Ho accennato al fatto rhe meno della metà dei

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manoscritti Torinesi é «opravvissuta all'incendio,

ma ancora non ho precisato in quali condizioni:

non bisogna infatti credere che se circa duemilarin-

quecento pezzi sono scomparsi, gli altri siano rima­

sti illesi. Accanto ai pochi fortunati che non ebbero

a soffrire dell'acqua e del fuoco, la grande massa

dei nostri codici era rimasta più o meno gravemente

danneggiata si che settantacinque casse furono em­

pite di frammenti e blocchi pergamenacei ridotti a

pezzi di carbone, con « gli orli quasi fusi in un solo

durissimo involucro di pece secca » senza possibilità

di divisione Ira nasrina e pagina; altri si presenta­

vano aperti ron.» tentagli per il dilatamento del ca­

lore sulle pergamene, altri erano così raggrinziti e

induriti che le membrane diventavano fragili come

vetro; altri ancora cartacei, erano rimasti miracolo­

samente leggibili anche se anneriti, ma così fragili

che un soffio d 'aria poteva farli sbriciolare.

Le (Commissioni incaricate del ricupero e del risa­

namento dei Cimeli si trovarono dunque di fronte

ad un compito non solo difficilissimo ma anche

nuovo. A quei tempi l'unico laboratorio attrezzato

in Italia era quello della Biblioteca Vaticana, ove

Carlo Marre, il restauratore del Gaio Veronese e

dell'Evangelario di Vercelli, il primo in Italia che

applicò il velo e la gelatina alle pergamene dete­

riorate. esplicava l'opera sua modesta e silenziosa.

Nel laboratorio Vaticano si restauravano mano­

scritti intaccati da muffe e da insetti, deteriorati dal­

l'umidità ma qui si trattava d 'un compito a cui non

si erano ancora cimentati i chimici e che fu studiato

con passione dai Professori Filetti. Guareschi e Gia-

cosa i primi benemeriti salvatori dei manoscritti

Torinesi a cui si deve l'attuazione dei rimedi imme­

diati. quali la disinfezione dei codici putrefatti e

l'apertura di quelli carbonizzati per riconoscerli.

Il

padre Ehrle. prefetto della Vaticana e organiz­

zatore della conferenza internazionale di San Gallo

del 1898 per la discussione dei metodi di restauro

venne personalmente a Torino per constatare l’en-

tità del disastro ed offrire l'aiuto del Laboratorio

Vaticano alla Commissione Torinese. Seguendo il

suo consiglio, approvato dai chimici stessi, fu

so­

speso il trattamento chimico sostituendolo con meni

fisici e meccanici.

Si

venne

roti

all'

istituzione del

M