

” h » i r » dai R a „: la w l i m tarma, p rim i dai
minuti pezzi >. ben chiuso in una cassa, dove
i frantumi erano confusi con quelli d’altri
rotoli. Le vicende del trasporto non c’entrano
per nulla.
Lo Champollion. che nel 1824 venne a To
rino e nello stesso palazzo deU’Accademia
delle Scienze esaminò la collezione, trovandosi
dinanzi al papiro regio ne intuì il valore ecce
zionale e cominciò a decifrarne gli sparsi fram
menti. senza peraltro tentare di ordinarli.
« Si è limitato appena » avverte il Farina
« a notarli con le lettere dell’alfabeto ». L’im
proba fatica di ricercare e riunire le molte
decine di parti in cui il manoscritto era diviso
fu sostenuta da Gustavo Seyffarth, che tra
il 1825 e il ’26 trascorse a Torino un anno,
e ben quindici papiri restituì nella loro inte
grità. Al papiro regio diè tre mesi di lavoro
ininterrotto, riconoscendone poco meno di tre
cento pezzi, ridottisi poi, per le connessioni
effettuate, a centosessantaquattro allineati in
dodici colonne sopra un foglio lungo due metri
e mezzo, largo quarantasei centimetri.
Il
SeyfTarth stesso ne fece tirare un lucido
e lo inviò in omaggio allo Champollion. Fu
male ispirato. Ne sorse una polemica in cui
“ Papiro dai M a »: la calaaaa ta n a .
*opo
H raataara dal Fra*. G . Farina
egli ebbe critiche aspre quanto ingiuste. In
tervenne anche Pietro RoselUni — araldo
delle ricerche archeologiche nella valle nilo
tica — il quale, di rincalzo allo Champollion,
definì addirittura « matto >» il Seyffarth per il
modo con cui aveva ricucito i pezzi del papiro.
Esagerazioni. « L’ordinamento del Seyffarth »
afferma il Farina « nelle sue grandi linee è
esatto ».
• * *
Da cent’anni in qua gli egittologi di varie
nazioni riprodussero e studiarono il papiro
dei Re infinite volte: il Lepsius nel 1835 e
nel ’40, il Lesueur nel ’48, il Wilkinson nel
’49, il Lauth nel ’65, il De Rougé nel *66,
il Brugsch nel ’77, il Meyer nel 1904, e altri
ancora, sia nel secolo scorso sia in questo.
Ciascuno fece commenti, rilievi, osservazioni
esprimendo ipotesi o interpretazioni perso-
nali; ma non si sarebbe venuti a una ricostru
zione precisa e quindi a una lettura definitiva
senza l’opera del Farina. Questi, avuta nel
1928 la direzione del nostro Museo, compreso
il dovere di riordinare l’ammirato e tanto