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La politica annonaria piemontese dopo la Restaurazione

I

l

p r o b l e m a

d e i

c a l m i e r i

s u l

p a n e

Fra le maggiori preoccupazioni degli uo­

mini di governo piemontesi del tempo sus­

seguente alla Restaurazione eravi quella di

tener bassi i prezzi dei viveri, e in particolare

modo del pane, mediante « tasse » o «cal­

mieri " o « mete ». Le quali però non erano

applicate senza la premessa di lunghe e labo­

riose discussioni, ricerche, rilievi sul prezzo

dei grani. Preparativi i quali risultavano par­

ticolarmente difficili a causa della deficiente

tecnica economica del tempo.

I

calmieri sul pane ebbero origine in Pie­

monte nella seconda metà del secolo XVII, e

Torino li applicò il 21 agosto 1680 « dopo che

da una Commissione creata da Madama Reale

e presieduta da S. £ . il Sig. Don Gabriel di

Savoia furono fatti, in contradittorio dei Sin-

daci e deputati della università dei panettieri,

gli esperimenti che parvero necessari a stabi­

lire il costo di produzione delle diverse qualità

di pane allora in uso ».

Tali calmieri però, spesso non proporzio­

nati al prezzo del grano e quindi inferiori al

costo totale del pane, erano, per i fornai,

causa di un cronico sbilancio tra costi e prezzi

che si ripercuoteva sistematicamente da una

mercuriale all'altra. Si trattava quindi quasi

sempre di un prezzo politico del pane, alla

cui giustificazione concorrevano le condizioni

economiche, il livello di vita e le caratteri­

stiche dei bilanci familiari di quelle popola­

zioni e di quelle plebi rurali.

Sicché per opportuni indennizzi interveni­

vano il R. Erario o le finanze comunali, aggra­

vandosi così le condizioni già disagiate delle

finanze statali e municipali.

Fin dall'agosto 1815 s'era fatta presente la

necessità di una equa bonifica ai panettieri.

In un congresso del 3 agosto di quell'anno

alla R. Segreteria di Stato, tenuto conto del­

l'aumento nei prezzi dei grani, si erano esa­

minate le richieste dei fornai affinchè venisse

modificata la « tassa » sul pane che risultava

inferiore al costo di produzione.

Ma il congresso, non credendo opportuno di

fissare una nuova « tassa >• sul pane, per il

timore della cattiva impressione che il prov­

vedimento avrebbe avuto sul popolo, decise

invece di bonificare i panettieri per il maggior

prezzo sopportato negli acquisti di frumento,

sperando che l'alto prezzo del grano fosse

eccezionale e quindi di breve durata.

Senonché molte relazioni che venivano in­

viate al Governo da commercianti al corrente

di prezzi e mercati, consigliavano tempestivi

acquisti di grani in previsione di ulteriori

aumenti nei prezzi.

Erano particolarmente i mercanti genovesi,

i quali ingegnandosi con offerte di bastimenti,

e assicurando il buon esito delle operazioni

bancarie di carico e di trasporto — v’era il

pericolo non ancora eliminato dei barbareschi

del Levante — davano garanzie per gli ap­

provvigionamenti, tenuto conto che la poli­

tica annonaria e doganale di vincoli e pre­

clusioni, specialmente tra il Genovesato e il

Piemonte, non era di incentivo all'attività

privata.

Si faceva presente ancora di non sperare in

una diminuzione dei prezzi dei grani, dichia­

randosi — fin dal 1816 — « che tutta l'Italia,

Francia, Svizzera, Austria, ecc., si troveranno

con un vt. .- generale all'approssimarsi della

ventura raccolta », e che «questa ubertosa

per quanto si possa desiderare (terra) non

farà sì che i grani possano declinare a prezzi

d‘avvilimento, ma si reggeranno sempre a

prezzi più che mediocri ■».

Nel Consiglio di Conferenza del 14 maggio

1817, in seguito ai prezzi molto accresciuti

dei grani, si fu obbligati a permettere l'au­

mento graduale della « tassa » sul pane al fine

di poter « indennizzare i panettieri e non co­

stringerli a sospendere la professione », nè

d'altra parte obbligare ancora l'esausto erario

a continuare negli indennizzi per fronteggiare

le differenze.

Senonchè il 21 giugno 1817 l'« università dei

panettieri » di Torino ancora supplica il Re

affinchè « si degni volgere benigno lo sguardo

sovra gli infelici panettieri che sprovvisti di

fondi e di credito, impossibilitati si veggono

a proseguire l'esercizio della loro arte, se la

mano benefica del Re e del Padre non ac­

corra prontamente in loro sollievo, con far

loro corrispondere la mentovata buonifica-

zione... ».

Era ancora, infatti, in mora il promesso

indennizzo di lire 248.000, non ancora pagato;

nè lo sarà neppure il 31 dicembre del 1817,

come si desume da una lettera del Vicario

Della Valle in cui esplicitamente si dichiara

non essersi fatto fronte alle vecchie bonifiche

invano, da tempo, attese dai panettieri di

Torino.

Quali i successivi sviluppi di questa poli­

tica annonaria in Piemonte e in Torino in

particolare, vedremo nel corso di brevi ri­

cerche archivistiche.