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all’ambiente centrale a croce greca apparivano

raggruppate cappelle minori. Questo concetto,

comparso per la prima volta nei disegni di Leo­

nardo, è ampiamente ripreso e sviluppato con

maggiore arditezza nel barocco ed anche in Pie­

monte ne troviamo importanti esempi.

Nel Santuario della Consolata, del Guarini,

attorno ad un ambiente centrale a pianta esagona

si raggruppano cappelle ellittiche disposte secondo

gli assi di simmetria derivanti dall’esagono cen­

trale. Questo gruppo di ambienti si innesta a sua

volta in un sistema ellittico disposto trasversal­

mente rispetto all’ingresso principale (hg. 73).

Nell’importante chiesa di S. Donato, cattedrale

di Mondovì, progettata da Francesco Gallo (1743),

attorno ad un elemento centrale a croce greca si

raggruppano quattro cappelle quadrate coperte

con calotte sferiche, e lo schema a due assi di

simmetria si traduce in schema longitudinale con

l’innesto di un ambiente quadrato coperto a calotta

sferica e di un’abside tei minale (fig. 74).

Nella chiesa di S. Caterina ad Asti del Ferroggio

(1766), attorno all’ambiente principale ellittico

si raggruppano le cappelle ed il coro ugualmente

a pianta ellittica (fig. 75).

Nella citata parrocchia di Foglizzo del Vittone

(fig. 54), cappelle minori fiancheggiano il coro,

come pure nella parrocchia di Riva di Chieri

(1766), che lo stesso Vittone progettò modificando

radicalmente la preesistente chiesa (fig. 76).

Queste forme rappresentano un’ulteriore ela­

borazione degli schemi a pianta centrale che il

versatile ed irrequieto spirito barocco ha raggiunto

prima che la decadenza portasse all’inevitabile,

artificioso ritorno alle forme classiche. Si tratta

di opere nelle quali la ricerca di nuovi valori

scenografici nella distribuzione degli spazi e delle

masse, costituisce la preoccupazione dominante

degli artisti, determinando talvolta, nel vano

studio di soluzioni originali, la deformazione del

millenario concetto religioso. Sono esempio di

queste architetture di decadenza il Duomo di

Carignano, dell’Alfieri (1756) (fig. 77) e la chiesa

di S. Marta ad Agliè, del Michela (1740) (fig. 78),

che rappresentano tentativi per una nuova forma

pianimetrica, destinati a rimanere isolati.

* * *

L’architettura religiosa barocca in Piemonte

diede dunque nel suo complesso un notevole

contributo all’arte italiana, sopratutto nella evo­

luzione degli schemi centrali, trascurando la

forma basilicale che già aveva raggiunto altrove

la sua più completa espressione. In questa ricerca

del nuovo, in questo travaglio degli artefici inco­

raggiato dalle particolari condizioni ambientali

del Piemonte, è certo il maggior merito di un

periodo architettonico che ha saputo affermarsi

in una serie cosi importante di fabbriche religiose.

Esso è degno della massima attenzione da parte

degli studiosi ed è da rammaricare che un’opera

completa sull’architettura piemontese, frutto del

lavoro di un italiano, non sia ancora apparsa.

È degno anche del più attento esame da parte

dei giovani architetti, i cui studi, pur nel defini­

tivo rinnovamento a cui l’arte italiana aspira

più che mai con tutte le sue forze, non possono

trascurare quelle ricerche che attraverso ad una

conoscenza profonda della nostra mirabile tradi­

zione, consentano di raggiungere la maturità di

spirito indispensabile, affinchè l’arduo compito

ad essi affidato non risulti facile ed inconsistente

improvvisazione.

Il Piemonte, così dimenticato di fronte alle

innumerevoli realizzazioni del genio italiano, può,

con i suoi monumenti, dare un non trascurabile

contributo anche nel campo degli studi sull’archi­

tettura.

Non sarà inutile, non fosse che per ragioni di or­

dine storico culturale, esaminare in altra occasione

questo contributo anche in relazione all’estetica ed

alla costruzione degli edifìci chiesastici che ne co­

stituiscono una durevole espressione.

ALBERTO RESSA

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