

A parte l’editto annonario del 1773, già
Vittorio Amedeo II si era preoccupato di
attuare una vera politica di immagazzina
menti e di ammassi pubblici — non privati —
per la città di Torino. Progetti che si leggono
nelle carte degli archivi di Stato torinesi,
datate fin dal 1722.
Fu più tardi, nel 1729. che, in occasione di
alcune discussioni sul mezzo più opportuno
per mantenere l'abbondanza nei propri stati,
discussioni da lui stesso promosse. Vittorio
Amedeo II ordinò gli venissero presentati
progetti di vario genere, onde scegliere il più
adatto. Si formarono alcuni congressi per lo
studio accurato dei progetti, dai quali si ri
leva che il problema della stabilità dei prezzi
stava, al Sovrano, particolarmente a cuore.
Molto si discusse e fra le molte pagine si
legge come lo scopo precipuo degli ammassi
fosse quello non solo di non dover ricorrere
all’estero, giacché « l'opulenza di uno Stato
consiste principalmente nel non abbisognare
di molti dei generi che provengono da Paesi
forestieri... », ma altresì, di non obbligare gli
agricoltori a vendere « a credito alli pana
tali con pericolo di perderne il prezzo o pure
venderti in contanti a prezzi inferiori » al
fine di poter mantenere prezzi equi e remu
nerativi. A conclusione dei quali studi il
Vicario di Torino presentò due progetti di
« colonna frumentaria • o « magazzini gra
nari >•uno dei quali, comportante una somma
di 800.000 lire per il suo funzionamento,
venne approvato dal Re con lettera 16 giugno
1729.
Dopo la Restaurazione. Vittorio Emanuele
1
ritornò sull’editto più volte citato del l u
luglio 1773, creato da Vittorio Amedeo
III
quattro mesi dopo l’assunzione al Regno, e
che rappresenta la pietra angolare di tutto il
sistema annonario da quell’epoca fino a Carlo
Alberto, prescindendo dalla parentesi francese.
Tale editto permetteva — senza obbligare
— i magazzinamenti privati, salvo le debite
e preventive consegne: concessione ribadita
con il R. E. del 3 gennaio 1816.
Vittorio Emanuele aveva però un anno
innanzi ritentato di attuare un progetto di
pubblici magazzini di grano, ossia un ammasso
non più volontario, ma obbligatorio.
Documenta tale intenzione l’ordine impar
tito da
S.
M. di riunire un Congresso per
esaminare « il progetto di stabilimento di un
pubblico magazzino di riserva in ciascuna
città capo di provincia, nel quale tutti i pro
prietari fossero tenuti di versare una deter
minata quantità di grano ed in secondo luogo
la proibizione di imng»t«in^r granaglie pri
vatamente •.
Il Congresso riunitosi il
20
novembre 1815,
dovette essere laboriosissimo e vi interven
nero il Conte Vallesa. il Marchese di S. Mar-
zano. il Conte Revel, il Conte Cerruti. il
Conte Vidua, il Conte Brea. il Conte Serra,
il Cav. Borghese, il Marchese della Valle.
Il duplice progetto venne però respinto, e
sebbene il documento noi dica, crediamo
specialmente ad opera del Serra, del Revel
e del Cerruti, che erano, in fatto di politica
annonaria, di idee contrastanti con le generali
tendenze.
Ostava all'attuazione del primo disegno,
secondo i congressisti, la non eccessiva abbon
danza di grano nel Piemonte e particolar
mente le condizioni delle finanze che avreb
bero impedito di pagare i grani ai proprie
tari a prezzi rimunerativi.
Né facilmente sormontabile era per il Con
gresso la difficoltà di fissare la quota di grano
che ogni proprietario avrebbe dovuto appor
tare al pubblico magazzino. Infatti, per la
mancanza di una solida e giusta organiz
zazione catastale e statistica, malagevole se
non impossibile era pei reggitori del tempo
controllare con una certa sicurezza la quan
tità dei terreni seminati a grano, conoscere
le suddivisioni dei vari terreni a coltivo fra
i singoli proprietari, e quindi l’equa distri
buzione di quote.
Per cui le verifiche non avrebbero sortito
alcun effetto, salvo quello di creare dissapori
tra i proprietari: perciò il Congresso stesso
fu convinto, che un tale progetto non avrebbe
conseguito « un risultato guari più soddisfa
cente di quello che presentano le annuali
consegne delle granaglie già prescritte dai
R. Editti .
Per quanto ha riguardo alla seconda parte
del progetto, la quale voleva che non esi
stesse presso ogni famiglia se non quel con
tingente indispensabile per il consumo fami
gliare. si dichiarò essere indifferente che il
grano esistesse piuttosto presso un parti
colare che presso un altro, purché il grano
servisse al bisogno del pubblico, nello Stato.
Furono ragioni di politica interna che fecero
naufragare U progetto, poiché si temeva di
sollevare allarmi nel pubblico, facendo cre
dere che mancassero i fondi per gli acquisti
all'estero in un momento in cui le finanze
erano tutt’altro che floride.
Da questo Congresso originarono però gli
Editti del 1816 che abbiamo rapidamente
esaminato, coi quali a conclusione delle deli
berazioni del Congresso stesso, si permettevano
bensì i magazzinamenti. ma si obbligavano
le notifiche dei grani contenuti nei magaz
zeni, al fine di poter addivenire, in caso di
necessità, a tramortì obbligatori sai pubblici
mercati di quella quantità di grano cke il
Governo fosse per stimare opportuno.
AMTOMO POMATI
M