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Ogni volta che si considera o si ripensa la

vita di Colombo. l'avventura colma di fato di

quest'esistenza tra le più eroiche ed esemplari

che si conoscano, ritorna quasi spontaneamente

il tema di un destino umano in cui dolore e

gloria ed incomprensione s'incrociano. Un'occa­

sione recente ad intendere sotto tale sicura e

ferma visuale gli aspetti della vita del più

grande scopritore dell'età moderna, ce la offre

l'ultima biografia composta su Colombo: quella

di Paolo Revelli

(Colombo,

Unione Tipografico

Editrice Torinese,

1941),

che fa parte della

collana

«

I Grandi Italiani

»

diretta da Luigi

Federzoni. È un rapporto commosso e vibrante

,

una relazione redatta con ispirato eloquente

linguaggio che descrive tutta la parabola fatale

dell'esistenza del Genovese. Dall'inizio dei suoi

presentimenti alla conclusione totale delle sue

imprese, dal delinearsi delle prime avversità e

lotte alla decisione ed alla convinzione del suo

mandato quasi divino, dalla solarità della glo­

ria agli oscuramenti delle contestazioni, giù

giù fino ed oltre la desolata tragedia della morte

e della dimenticanza. Sicché quel che fu l'esa­

gitata vicenda di questa vita tutta animata da

un'intima forza di fede e della salda credenza

nella missione di allargare i confini del mondo,

di dare alla terra ed ai mari, ancora avvolti dai

velari del mistero

, i

loro termini reali *d a

sistemare la loro veridica conoscenza appare

come nata sotto un segno imperioso e fatale.

Che Colombo non perseguì e non fu determinato

a compiere i suoi viaggi da un mero desiderio

di avventura. Uomo di pensiero e

<f

azione

,

ad un tempo

,

uomo di studio e di divinazioni

,

cercò di confermare sul terreno pratico, cor­

rendo il rischio di un'impresa che soltanto una

estrema fiducia in se stesso poteva ispirare

,

la verità delle sue asserzioni. Asserzioni che

stabiliscono per la prima volta

,

almeno con

tanta assoluta, irreducibile sicurezza

,

la tesi

della sfericità della terra e la convinzione che

navigando verso occidente s'incontri l'oriente.

Così che il suo primo viaggio

anche se in

definitiva concluso con una scoperta da Colombo

stesso non immaginata

non ha nulla da

dividere con i viaggi o le avventure di qualunque

altro navigatore. Non è un'esperienza effimera

e casuale dai risultati imprevisti, dagli sbocchi

impensati. È il frutto

<f

una fitta serie di calcoli

,

<f

un lungo studio, d 'uno profondissima fede:

d'uno fede che trasforma

Colombo

,

fra avversità

ed incomprensioni, in

apostolo

e martire sacri­

ficato.

_

U Revelli in questo libro narra con calda

,

trapanante vena discorsiva

e,

m volte, con vivo

accento polemico le vi­

cende di questa piena

vita umana tutta tesa

alla realizzazione di

una impresa che ha

del sogno per le dot­

trinarie e false resi­

stenze e convinzioni

che riescirà a scrol­

lare e ad abbattere. E

dimostra come non

soltanto la decisione

ed il coragg io del

grande scopritore, che

spesso vide trasfor­

marsi in nemici ed in

concorrenti vecchi amici e fautori

,

siano stati

i veicoli ed i conduttori d'una conclusione vit­

toriosa. E vari altri lati ed aspetti della per­

sonalità di Cristoforo Colombo il nuovo biografo

chiarifica ed illumina. A d esempio quello del-

l 'Ammiraglio colonizzatore

— è,

appunto

,

ita­

liano ed attribuibile a Colombo il primo ten­

tativo di sfruttamento d 'Ha iti

civilizzatore e

propagandista della fede cristiana. Dovunque

sbarchi o giunga egli, infatti, pianta una croce;

e constatando la mite indole degli Ind i

,

la loro

buona natura, egli dispone che ordinanze giuste

e sagge

ordinanze spesso tradite o trascurate

dai suoi esecutori

li governino.

In quanto al carattere ed all'importanza delle

sue scoperte il Revelli osserva che Colombo si

differenzia da tutti i grandi esploratori di ogni

tempo per la concezione e l'attuazione di un

piano nuovissimo. Egli che aveva dell'esten­

sione della terra un'idea molto inferiore al

vero

,

per cui poteva dire

«

lo mundo es poco

egli che preferiva alla concezione di Tolomeo

,

per cui le terre si estendevano da occidente a

levante per circa 180 gradi

,

la concezione di

Marino da Tiro, per cui le terre si estendevano

per circa 225 gradi di latitudine,

<•

era portato

inevitabilmente ad immaginare un oceano inter­

posto fra l'orlo occidentale e Torlo orientale del

continente tolemaico incomparabilmente meno

esteso dell'area in cui si seguono da levante a

ponente l'oceano Atlantico, il continente ame­

ricano e l'oceano Pacifico ». A d ogni modo

«

la

singolarissima perizia di marinaio del Geno­

vese

,

il suo ordire eccezionale di esploratore

,

la

sua resistenza al lavoro ed alle insidie delle

malattie, la sua miracolosa sopravvivenza alle

trame occulte e palesi dei suoi nemici, gli hanno

permesso di diventare il protagonista di uno

dei più grandi fatti della storia ». Constatazione

e verità

,

che nonostante gli alti e bassi della

fortuna, anche postuma, di Colombo, P acredine

e la malevolenza dei suoi oppositori

,

il tempo

,

i secoli hanno assiduamente dimostrato e ricon

-

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it i

G I

U S E P P E

V E R D I

N E L Q U A R A N T E N N I O D E L L A M O R T E -

1901-1941

%.

CATTO

I '

Il 1813 segna nella storia della musica la

nascita di due geni insuperati: Verdi e Wagner.

Due geni che non furono solo artisti eccelsi,

ma che l’arte loro volsero ad un fine supremo;

incarnare i sentimenti, gli ideali di grandezza

dei loro popoli ed esprimerne gli aneliti e la

incoercibile forza di espansione. Chiaroveg­

genti, in questo, poiché gli eventi odierni

vennero da lungo tempo preveduti, come

opera del Destino.

Così se il musicista tedesco rievoca nei suoi

poemi i miti della sua terra e, attraverso a

quel clima naturistico, tutto proprio delle

genti nordiche, ne avvolge le leggendarie

e corrusche figure, Verdi non men romantico,

ma romanticamente mediterraneo, canta la

umanità intera e rivela, nel tempo stesso, i

palpiti di una nazione anelante al riscatto,

alla rinascita.

Armato, Wagner, di un’orchestra possente

e complessa; disadorno il Nostro, unicamente

sospinto dalla passione

che gli trabocca dal

cuore e che si traduce

in canti impetuosi e

travolgenti. Non epica,

come nel con fra te llo

tedesco, ma dramma.

Non dialettica formale,

ma melodia. Ed una

melodia ampia e sem­

pre più flessibile che

nell’opere ultime si rial­

laccia all’antica tradi­

zione monteverdiana.

Ma seguiamolo, Giu­

seppe Verdi, dai primi

passi, in rapida rasse­

gna; seguiamolo con

particolar simpatia dai

duri e tormentati inizi,

nella lunga e faticosa

ascesa, sempre simile

a

se stesso e con se stesso

non men disdegnoso

che con gli altri; seguia­

molo questo artista al­

tissimo, questo conqui­

statore cui si

potrebbe

applicare

quanto

Vic­

tor

Hugo dice di quel-

l’Emani — che

Verdi

m

doveva pur rivestire di una ferrigna armatura

di canti e di suoni: — «

Io sono una forza che

cammina ».

Una forza — si potrebbe soggiun­

gere — che non conosce ostacoli e che simile

a quella d’Anteo, riceve dai voli successivi,

novello vigore per voiversi sempre più in alto.

Lottatore accanito, Verdi. Il suo tessuto

psicologico si direbbe tramato di maglie di

acciaio per la battaglia. Ed è una battaglia

appunto che egli cerca nelle sue espressioni

artistiche, nelle antitesi di cui son irti i suoi

drammi, scelti sempre tra i pi i cruenti, con

i colpi di scena p i i inaspettati. Assaporare

il conflitto e risolverlo; questa l’intima gioia

dell’artista. Un r n,,n ^orne Beethoven... E tale

apparve il nostio grande fin dall’infanzia,

nella rurale casetta delle Roncole, presso

Busseto, in quella fertile pianura ondeggiante

di pioppi e di messi, solcata dal Po, nella

quale il contadino condivide il lavoro dei

campi colla mercatura, tenace e giustamente

interessato.

Eccolo nella botte-

guccia di Carlo Verdi

che tiene uno spaccio

di vini e liquori e tira

innanzi faticosamente

la vita.

Il piccolo orsacchiot­

to taciturno e serio, aiu­

ta il padre a servire i

pochi clienti. Chi lo co­

nobbe a quell’età, lo

descrive come buono,

ma pronto al risenti­

mento ed alla collera.

I l carattere stesso che

avrà il suo linguaggio

musicale che un criti­

co, non senza ragione,

definì « irascibile ».

Strimpella, il ragaz­

zo, le prime note sulla

scordata spinetta di

casa. La spinetta che

— sita ora in una delle

due sale dedicate

a

Ver­

di nel museo del teatro

alla Scala —

parta

an­

cora,

culla tastiera ca­

dente, il n t jc iM che

di lui

aveva

J titto

quel