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modesto, ma generoso e chiaroveggente ac-

comodatore che glie l’aveva messa a posto

senza compenso: «

Da me Stefano Cavaletti fu

fato di nuovo questi saltarelli e impenati a

Carume. e vi addatai la pedaliera che ci ho

regalato; come anche gratuitamente ci ho fato

di nuovo li detti saltarelli

,

vedendo la buona

disposizione che ha il giovinetto Giuseppe

I

erdi

di imparare a suonare questo istrumento, che

questo mi basta per essere del tutto sodisfatto.

Anno Domini 1821

>«.

Il parroco gli dà lezioni di latino e di let­

teratura. A dodici anni, allievo del Baistrocchi,

modesto insegnante, già siede all'organo della

piccola chiesa del paese. E la ristretta cerchia

dei fedeli l'ascolta volentieri e Verdi è già

popolare. Perchè nella terra parmense l'amore

della musica è innato; tutti ne parlano, ne

discutono e sono pronti a far lite per un can­

tante, per un suonatore. Così quando un pro­

tetto del vescovo vorrebbe che il ragazzo gli

cedesse il posto, il paese insorge ed invade la

chiesa. Sono le prime avversità del minuscolo

artista, il quale occupato di giorno in negozio,

studia il pianoforte dì notte e disturba i vicini;

sopratutto il corpo di guardia dei gendarmi. E

il brigadiere che ha il sonno delicato, lo minac­

cia, se non la smette, di tagliargli le orecchie...

Ma ecco affacciarsi airorizzonte di Verdi

la persona cui il Maestro deve la fortuna — o

più precisamente i mezzi materiali che con­

sentiranno al suo genio le possibilità del-

l'affermazione — colui che lo accoglierà in

casa e lo seguirà con animo paterno nel glo­

rioso cammino; queirAntonio Barezzi il cui

nome merita di essere scritto a caratteri d'oro

nella biografia verdiana e che Verdi non

dimenticherà giammai.

Antonio Barezzi è un negoziante di colo­

niali e da Busseto ha occasione di frequentare

Carlo Verdi per ragioni d'affari. È pure lui

un innamorato della musica e le occupazioni

commerciali non gli impediscono di essere

presidente della Società Filarmonica e di

coltivare, tra una partita di zucchero e una

di cacao, i concerti della banda che in piazza

diffonde le squillanti note per la sana gioia

domenicale dei concittadini.

Prende a ben volere il ragazzo precoce e

lo assume come segretario nell'azienda, inca­

ricandolo, a tempo perno, di copiare delle parti­

ture di cui è ricca la sua biblioteca musicale.

Verdi accetta entrambe le mansioni e le

disimpegna con grande serietà. E poi... e

poi una fiorente giovinezza illumina la casa

ospitale: Margherita Barezzi che conta appena

un anno più di lai. Qualche sera egli non

torna alla casa paterna. Rimane in famiglia

e un cembalo accomuna i giovani alla tastiera.

£ l'amore, dapprima nascosto, poi compreso

dai genitori

che non vedrebbero

di mal occhio

quell'unione cui aspirano gli innamorati, e

che dovrà farli felici, ma ahimè! per troppo

poco tempo.

A quindici anni Verdi ha già composto

alcuni pezzi, nonché una sinfonia che i Filar­

monici gli eseguono, ed a sedici è già a capo

della banda di Busseto. Gli ha ceduto il posto

il suo maestro, il Provesi, il quale dichiara

non solo non avere Verdi più nulla da impa­

rare da lui, ma che sarebbe gran peccato se

il giovane non potesse coltivare il meraviglioso

ingegno di cui è dotato.

Però, come i di lui genitori potrebbero

far ciò? I loro mezzi non lo permettono. Allora,

generosamente interviene il Barezzi. Ottiene

per prima cosa un sussidio dal Monte di Pietà,

e poi arrotonda la modesta somma di borsa

propria.

A Milano, Verdi, potrà completare la sua

educazione musicale. Ma le porte del Conser­

vatorio, pel quale il giovane ha il suo primo

pensiero, rimangono chiuse.

Gli era stato concesso l'esame d'ammissione

perchè dotato di singolari attitudini, mal­

grado avesse superato di cinque, i quattordici

anni stabiliti dal regolamento come età mas­

sima consentita. Ma alla prima prova, quella

di pianoforte, l'ammissione per meriti stra­

ordinari gli è rifiutata, osservando anche che

l'aspirante non è nato nel Lombardo Veneto.

Gli viene allora consigliato il maestro Lavigna

che gode di una buona reputazione. Col

Lavigna, Verdi lavorò assiduamente alla armo­

nia. al contrappunto, alla fuga. Quella fuga

ch'egli nel suo testamento artistico consi-

glierà ai giovani perchè abitua a sviluppare

le idee ed a condurle con logica.

Ritorna a Busseto, come maestro di musica

del Comune, portando con sè il libretto della

sua prima opera: «

Oberto conte di S. Boni

-

facio

», di Temistocle Solerà, uno dei libret­

tisti più in voga del tempo. Il suo sogno di

scrivere per il teatro sta avverandosi. E un

orizzonte di rosee promesse si apre ai suoi

ventitré anni ed alla sua fervida fantasia.

L'arte e l'amore gli sorridevano. Margherita

gli è concessa in isposa e due figli poi allie­

teranno la casa.

Ma un tragico destino grava sulla famigliola

e sull'artista. Se l'«

Oberto

», rappresentato alla

Scala, ottiene un buon successo, sebbene le

recite debbano interrompersi per indisposi­

zione de) tenore, una grave malattia colpisce

il maestro e lo tiene a letto per lunghi mesi.

Appena riavutosi, muoiono l'un dopo l'altro,

i due bambini e poco appresso, la giovane

sposa li segue nella tomba. Così, in nemmeno

quattro anni dalla data del matrimonio,

Verdi rimane solo, orbato dei suoi nuovi

e

più cari affetti. I l dolore, — quel dolore

che

costituirà il mondo tragico del repertorio