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ancora una volta, rigurgitarono di spettatori plaudenti.

Fra un segno di rinascita, un soffio di speranza che

vivificava di nuova linfa le stanchezze e le delusioni

di quei lunghi anni d'inerzia. Rumiti da un C om i­

tato promotore, i vecchi attori si strinsero intatti

un’altra volta attorno al Toselli e l’antica voce che

aveva infiammato le ribalte del sy risuonò nuova­

mente dalle scene torinesi, mentre 1 vecchi scrittori

di allora — il Pietracqua, il Bersezio, il Carelli —

riprendevano la penna animati da un rinnovato ardore

e giovani pieni d entusiasmo cercavano di dire una

nuova parola: tra quest’ ultimi solo uno, Alberto Ar-

nulfì, riuscì ad emergere con le

Drolarie

senza rag­

giungere. però, la palpitante umanità e l’alto senti­

mento sociale de /

ni,il mitri

di Leoni che la critica

non esitò a definire capolavoro avvicinandolo al

Travet

di Bersezio: due mondi, quello dolente e

generoso del popolo nel primo e la mentalità della

piccola borghesia dcll’O ttocento nel secondo. I uno

e l’altro ispirati ad un ardente senso di giustizia e di

redenzione sociale.

Il

teatro piemontese sembrava rinato e per qualche

tempo la nuova gloria giustificò le più ardite speranze:

una gloria effimera, però, che se pure apparve come

uno dei più luminosi segni che lo spirito e la pas­

sione che avevano coperto di gloria i campi di Novara

e di Pastrengo non si erano spente nel cuore di quel

popolo, non riuscì però a salvarlo.

O ltre che per il suo significato umano e sociale,

l’opera di Mario Leoni rimane nella storia del nostro

teatro per un’altra sua dote essenziale: la prova che

se pure non bisogna farsi illusioni sulle possibilità della

letteratura in vernacolo, si può tuttavia raggiungere

facilmente, con essa, le corde emotive del pubblico

meglio, forse, che attraverso la forma italiana, soprat­

tutto quando il teatro si rivolge alle masse ed al loro

cuore genuino.

Una torma artistica che data la personalità del­

l’autore, non poteva non essere così: onesto fino

allo scrupolo, semplice, prudente, obb iettivo, Mario

Leoni è, intatti, uno dei più significativi rappresen­

tanti dei tradizionali principi del popolo piemontese.

D ’idee liberali, orientate specificamente verso il prin­

cipili che l’autorità dello stato deve preoccuparsi

sempre ed unicamente del bene della collettività, era

naturale che la sua voce si alzasse a difesa deeli umili

e degli oppressi, di quel ceto sociale a cui era inti­

mamente legata la stessa sua vita di cittadino.

A veva, infatti, un piccolo negozio di stoffe in

Piazza Palazzo di C ittà: lo chiuse e si ritirò dagli

affari quando la sua onestà e la sua probità gli dissero

che il frutto del suo lavoro sarebbe stato ormai suf­

ficiente per gli anni di vita che rimanevano a lui ed

alla consorte. Lo aveva amministrato con gli stessi

principi di onestà e di rettitudine con i quali restò

ncU'amministrazione del Comune per oltre mezzo

secolo, principi a cui ispirò anche tutta la sua produ­

zione drammatica dal .-1»

noni \l la lege, 'L ilnt ad vivi.

La bela giungili, Verbo

’</

la libertà,

oltre alle già men­

zionate opere che gli dettero la rinomanza e che,

come autore, lo pongono col Bersezio, il Baretti, il

l’ietracqua, il Carelli ed i fratelli Carrera, tra le figure

più luminose del teatro piemontese, e com e cittadino

fra gli uomini più probi ed onesti del secolo passato.

A lto, magro, un viso buono animato da due occhi

vivi ed intelligenti, calmo nei gesti e misurato nelle

espressioni, sereno nei giudizi e preoccupato sempre

di spogliarsi di ogni retorica, tenace nelle sue fedi e

profondali

«uscio dei suoi doveri, Mario Leoni

è il più schietto prototipo di quella nostra gente che

da sola, con perseveranza e tenacia, riuscì a ritrovare

ed a far sentire ancora la voce del proprio valore

anche nei momenti duri della decadenza politica.

Uom ini di siffatta tempra non possono e non

devono essere dimenticati, giacché se il valore della

vita di ogni individuo si misura sul metro del ricordo

che di lui rimane dopo la sua morte, nessuno più di

quegli uomini che all'umanità hanno dato tesori di

sapere, di esempio e di scienza hanno il diritto di

essere « i morti che non muoiono ». E tra questi, più

di chiunque altro, coloro che della giustizia morale

e sociale hanno tatto il loro ideale, giacché se pure

l'uomo ha bisogno dei vari Marconi e dei vari Edison,

è altrettanto vero che non deve mancargli l'esempio

della virtù e della rettitudine. Necessità più che mai

intesa oggi che l'umanità ha tanto bisogno di ritro­

vare le basi di una rinnovata rieducazione civile dopo

le miserie morali e materiali del passato, e che fa

rifulgere di nuova luce le figure di coloro che, come

Mario Leoni, a quest’educazione popolare dedica­

rono tutta la loro vita.

Torino non dimentica Mario Leoni e questo ri­

cordo noi offriamo, come un fiore, alla sua vedova

che dal lettino in cui l’infermità costringe i suoi

ottanta e più anni, lassù all’ ultimo piano di un con­

vitto torinese, lo raccoglierà certo commossa ed in

esso troverà un po’ di conforto alla dignitosa e soli­

taria povertà in cui la rettitudine e l’onestà del manto

la lasciò.

C LAU D IN A CASASSA

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